Devo a questo libro moltissimo. Non solo infinite riflessioni, ma un profondo cambiamento nel mio modo di riflettere. Credo che sia uno dei testi che ha più profondamente cambiato il mio modo di vedere le cose e di lavorare. Voglio condividere uno dei molti passaggi per me illuminanti.

“Situazione di partenza: quando cerco di parlare in pubblico, mi confondo e balbetto. retorica del controllo: è la paura che ti fa balbettare, convinciti che quella paura nel caso specifico è irrazionale e sarai a posto. Autoconsapevolezza emozionale: non è la paura che mi fa balbettare quando parlo in pubblico. La paura mi rende consapevole che in quella situazione mi sento sotto attacco e che il modo più consono di reagire a quel tipo di attacco che il mio corpo conosce è confondermi e balbettare. Naturalmente più mi confondo e balbetto più “verifico” che ho proprio ragione a vedere quella situazione in quel modo e così via circolarmente.

Il problema è aiutare (amorevolmente) il mio corpo a vedersi in quella situazione e a vederla anche in modi diversi. Una possibile strategia è proprio quella contraria a un atteggiamento di maggior controllo; invece di sforzarmi ansiosamente di non balbettare, posso cercare di usare questo mio “difetto” come una risorsa per accattivarmi le simpatie del pubblico e considerare miei interlocutori privilegiati proprio quelle persone che reagiscono in modo più simpatetico e che prima forse svalutavo interpretando il loro comportamento come “pietà” o “maternage” o qualcosa di simile.

Vorrei sottolineare quell'”amorevolmente” che ho messo fra parentesi. E’ un atteggiamento che esclude la colpa e che consente un dialogo di rispetto reciproco fra varie parti dell’io. Il comportamento “automatico” del corpo va accolto e rispettato, ma non è l’unico possibile; bisogna apprestarsi ad esplorare altri punti di vista, altri mondi e comportamenti possibili. L’attenzione va spostata dalla dicotomia emozioni/razionalità alla dicotomia comportamenti rigidi/comportamenti flessibili.

Ci vuole pazienza e un atteggiamento di osservazione sperimentale. Questo significa fra l’altro che si deve imparare a dare molta importanza a dei particolari che si presentano alla nostra percezione come marginali e fastidiosi perché accoglierli comporterebbe la messa in discussione del modo di inquadrare gli eventi che diamo per scontati. Dobbiamo sapere che molti dei comportamenti che dovremo adottare per acquisire un nuovo punto di vista, non possono inizialmente che apparirci “irrazionali”, “privi di senso”, l’opposto di quello che ci verrebbe spontaneo e/o che ci sembra giusto. Quando le emozioni sono nostre alleate il nemico non è l’irrazionalità, ma la rigidità.”

 

0 risposte

  1. Per quanto riguarda la mia esperienza è proprio così che funziona. La rigidità non mi fa sentire niente, mi impedisce di mettermi in contatto con il mondo esterno e sopratutto, con quello interno, creando una contrazione che non mi consente dei movimenti naturali, ne un fluire creativo del pensiero, credo che la rigidità sia figlia del giudizio, della paura, di quella vocina che ci dice che “così come siamo non va bene” e della scarsa fiducia del sapere del corpo, che è più antico di quello della mente.
    Le emozioni, ed i mal di pancia, se li ascolti con sincerità e non bari, dicono come stanno le cose ,”esattamente”.
    A Kiss for you.
    Evelina

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