Che senso ha prendere un fatto recentemente accaduto, universalmente noto e di portata storica, e popolarlo di personaggi prodotti da un atto puramente creativo ? Alla fine è un romanzo ? O è l’interpretazione personale di un autore su un fatto realmente accaduto ? Oggettivamente, sembra, le torri erano due. Soggettivamente – per vittime e carnefici – le torri erano una alla volta. Per nessuno uguali, né la prima né la seconda, né la torre sud né la torre nord.
    Il romanzo – poiché così è definito – di Don Delillo è una specie di magnete. Crea due campi in fortissima attrazione. L’interiorità e l’esteriorità dell’esperienza, come sempre nel suo lavoro. Quel che ti avviene fuori e quel che significa dentro di te. Delillo mette i suoi personaggi prima, durante, dopo l’attentato. In casa, nelle torri, sull’aereo. Il suo è un meraviglioso e ardito tentativo di raccontarci l’irrisolvibilità della Storia nella somma delle nostre storie.
    Tutti compresi nello stesso Destino e irrimediabilmente separati in storie uniche e del tutto diverse. Non per divisione di razza, non per differenze culturali o economiche: anche tra marito e moglie; uno era dentro e l’altra fuori, e ci sono solchi che si scavano tra le persone, e che nemmeno le più tenaci volontà sono in grado di ricucire con la comprensione. Questi solchi non sono necessariamente aperti da conflitti, ma dalla pura e semplice differenza dei punti di vista.
    Delillo ha l’abilità di mostrarci queste distanze e la loro inevitabilità attraverso lo spazio: dentro o fuori, sopra o sotto, vicino o lontano. Ma d’altra parte attraverso il prima, il durante e il dopo, ci mostra anche la distanza tra il punto di vista di ieri e quello di oggi all’interno della stessa persona.
    Non solo tra noi ma dentro di noi ci sono linee, soglie di non ritorno che continuamente varchiamo. Identità che quotidianamente muoiono e nascono man mano che capiamo e rielaboriamo. Il nostro io scivola spericolatamente sul piano inclinato delle sollecitazioni, dei fatti, delle nostre idee in continua trasformazione.
    Tutto questo può apparire scoraggiante, dispersivo, alienante. Invece Delillo segue così da vicino il mutare e il divincolarsi dei personaggi principali in questa vicenda, che per quanto lontani fra loro e da se stessi nei diversi momenti della storia, sono tutti e sempre vicini a chi legge. Frutto di un talento che più che inventare plot originali sa scoperchiare verità difficili, L’uomo che cade ci mette nella condizione di leggere le azioni dei personaggi non come volontà positive o negative ma come strategie difensive dal dolore. Ogni cornice morale viene fatta saltare per lasciar spazio al bisogno di sopravvivenza di tutti: terroristi, mogli, mariti, amanti, figli.
    In questo ci ritroviamo, solidarizziamo persino con il terrorista più determinato. Non condividiamo l’azione ma ne riconosciamo dentro di noi il movente profondo. Al volgere dell’ultima pagina, con l’immagine di una camicia che vola dalla torre, non mi viene in mente nient’altro da dire che: grazie per averlo scritto.

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