Il bar non è molto affollato, è all’interno di un centro commerciale vicino alla scuola. Lo frequento quando lavoro alla civica di cinema e fa un caffè al ginseng delizioso. La mia pausa pranzo spesso è lì, solitaria ma non rattristata dal momento di silenzio per me. La coppia è quasi anziana, sono seduti al tavolino, brioches a metà e caffè bevuti. In piedi davanti a loro c’è un ragazzo, giacca grigia e camicia bianca. Alto, magro, bruno, un sorriso luminoso sopra una bocca appena troppo grande.
I due coniugi lo guardano come si guarda un regalo. Dev’essere un amico del figlio, ma non sono bravo a rapire le storie di spalle. Il marito ha una cornice di capelli bianchi e una pelata che riflette il neon del centro commerciale. Lei è un po’ rotonda e mi fa venire in mente, mentre la guardo, che una volta avevo sentito dire che gli uomini ingrassano a mela e le donne a pera. Lei merita un po’ tutto il fruttivendolo e in alcuni punti anche un pezzo della bottega del macellaio.
Ma è sorridente, tiene la conversazione in cordata con il marito per trattenere quel ragazzo ancora per una frase, ancora per uno spicchio da rubare a tutta una vita che non riescono più a seguire. L’ho notato spesso guardando i giovani parlare con gli anziani: anche quando sorridono tutti, il sorriso dei giovani è qualcosa che concede, quello degli anziani qualcosa che chiede. Per il ragazzo si tratta di un lieve e gentile indugio nella corsa, per loro di una ventata che spalanca all’improvviso la finestra.
Poi arriva inevitabile il congedo. Il ragazzo sorride e ha addosso tutto lo splendore della vita in corsa, loro tendono la mano e accolgono la stretta forte e veloce.
Capita di passare dal tempo delle praterie su cui inseguirsi e desiderarsi a quello della nebbia del niente da dirsi. Ma di solito avviene negli anni, qui invece è un istante. Li ho visti sorridere e desiderare e poi di colpo spegnersi senza nemmeno far finta. Di colpo la spesa, gli avvisi del centro commerciale, le due impiegate in pausa caffè, il barista inopinatamente al cellulare… tutto risale di volume e sommerge ogni cosa.
E’ un buon posto in cui sparire, il centro commerciale. Il problema è se incontri qualcuno, dico se lo incontri davvero. Perché – spenti – tutto sommato sembra di star bene. Il guaio è se ti riaccendono all’improvviso e lo sbalzo d’altitudine ti sfonda i polmoni. Perché di colpo ti viene messo davanti per che cosa eri fatto. Chi è riuscito ad addormentarci così? Quando è successo che la luce di questa coppia si è spenta? Per tutto il resto del loro spuntino non dicono una parola. Il giovane è lontano e la prospettiva per la giornata non sembra granché.
Penso che sia un grande momento di cinema. Ringrazio per quest’emozione e penso che riguardi anche me. Qualcosa ha fatto sì che arrivassimo insieme a questo bar e che ci scambiassimo questo muto messaggio tra viaggiatori. Ho finito da tempo il ginseng e sono con il gomito appoggiato al bancone del bar, una posa che non assumo mai perché di solito tendo a non toccare i luoghi pubblici, ma mi serve per guardare e per imparare la stanchezza di questi due compagni di viaggio che non conosco.
Penso che a metà giornata abbiamo tutti bisogno di una pausa. Di un caffè, sì, anche solo un caffè. Un momento con qualche zucchero che ci restituisca a noi stessi. Un lampo di lucidità mi dice che sono a metà tra quel giovane e questi coniugi. Sono a metà giornata. Hai visto mai che ci hanno messo in un vagone per qualche minuto con un significato? Ho incontrato quello che ero e quello che non vorrei diventare. Respiro, vado alla cassa, pago. Adesso sono qui.
Il vero problema è che passiamo senza neanche farci caso dall’età in cui si dice “un giorno farò così” all’età in cui si dice “è andata così”.
Cit. da “This Must Be The Place” di P. Sorrentino
“Perché di colpo ti viene messo davanti per che cosa eri fatto. Chi è riuscito ad addormentarci così?” spesso mi pongo queste domande. Come al solito sai andare dritto al punto e non è facile e non è da tutti. Ti auguro una lunga fila di vagoni con un significato per incontrare sempre quello che sei! grazie
Io credo che invece bisogna gioire perchè si riesce, anche grazie ad una pausa caffè, a ridestarsi da un sonno indotto nostro malgrado. E’ proprio questo il senso da dare a questo tipo di riflessioni, per non ridurle a letteratura fine a se stessa. Queste considerazioni le ho trovate molto belle e mi piace pensare e credere che è una grande fortuna potersi risvegliare. La vera grande vittoria è mantenere viva questa sensazione. In fondo non stiamo cercando tutti l’essenza dell’essere…..gioire senza causa e condizioni?
Un caro saluto
Grazie Francesca del tuo passaggio e grazie Nicodemo del tuo invito a vedere la parte più brillante e libera delle cose. Un lavoro per me, davvero. un abbraccio. gio.