Luca Coscioni diceva che questo è uno strano paese, nel quale il Presidente del Consiglio fa i miracoli e il Papa le leggi. Assisto anch’io come tutti al rovesciarsi di qualunque cosa nel suo contrario. Terremoti materiali e semantici dalle imperscrutabili conseguenze. Sulle macerie a L’Aquila piombano gli autori del nostro cinema, armati di camera e tanta tanta sensibilità.
Un terremoto – questo semantico – perché di registi e macerie era fatto anche il nostro neorealismo, e la realtà era così forte che si imponeva da sola al racconto. Oggi le macerie non sono più di mattoni. Prima ancora di finire la loro corsa verso il suolo sono già format, speciali, palinsesti, lungometraggi, docufiction.
Osservo tutto questo fermento in attesa di assistere agli struggenti film realizzati in quei drammatici giorni. Limito le parole e rinuncio alle immagini, rimanendo ancora una volta disorientato dall’ambiguità dei segni quando le “scatole” che li contengono sono malate – o mi sembrano tali. Forse è una posizione comoda, me ne rendo conto. Ma – sinceramente – non me ne viene un’altra.
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