Assumere un altro punto di vista con rigore. In questo caso un punto di vista fisico. Poi mi parla di tutta la situazione del lavoro, la crisi – da cui non si riesce a staccare il pensiero mai – le prospettive, l’età. Un paio di strade lasciate la bivio. Andare in un’altra città, in un’altra regione. Forse potrebbe funzionare. A fare altro, a ricominciare altre strade con la moglie. Però… ci sono i mutui, alcune cose che ti legano qui, altre che ti spingono via. In bilico.
E’ a questo punto che mentre mi racconta tutta la situazione rivedo l’incidente. Una macchina davanti a lui sembra voler uscire dalla rotonda, invece resta dentro. Un attimo. Luigi vola da una parte, la sua moto dall’altra. Il colpo va dritto sul collo e sbecca la settima vertebra. Il dolore non gli permette di muoversi. Le macchine lo schivano, e passano quei famosi dieci minuti. La moto è al di là della carreggiata.
Insomma tutto considerato un bel casino. Quando il pensiero è messo all’angolo e non trova soluzioni soddisfacenti – c’è sempre speranza finché ci viene in mente qualcosa da dire, ma quando scende il silenzio arriva il panico e siamo ricondotti alla nostra impotenza – quando il pensiero ordinario smette, a volte mi si attiva per sopravvivenza, forse, il pensiero visivo. E ho visto il mio amico per terra in mezzo alla rotonda come dall’elicottero.
Un uomo che ha indugiato un filo troppo a uscire dalla rotatoria, a prendere una via. Lui stesso dice che è un po’ di tempo che nella sua vita è tutto in sospeso. Penso alle volte in cui capita a me. Essere fermi, disarcionati, senza veicolo, senza prospettiva. Certe volte la vita ci regala fotografie memorabili e quintessenziali. Quel che capita fuori è specchio di quel che capita dentro. Ogni fatto è una parola e la vita un alfabeto. Non facile ma a volte fulminante.
In questo caso è così. Un invito ad andare, a prendere la via, a smettere di girare in tondo e a partire. A passare prima della macchina che ci taglia la strada. Ce n’è sempre una e non si può farsi fermare da tutte quelle che passano. C’è un tempo in cui l’angolo di uscita dalla rotonda è il nostro e solo il nostro. In cui bisogna azzardare e andare. Mi colpisce come il fatto sia sempre riconducibile a un’immagine e come nell’immagine ci sia la radice del fatto.
Mi perdonerà Luigi di questa lettura visiva. Ma spesso ho sentito mia la sua caduta in moto. Si chiedeva se smettere di andarci o no. Secondo me non è la moto il punto. Il punto è smettere di avere paura. In questo so che il mio amico ed io abbiamo molto in comune.
“Essere fermi, disarcionati, senza veicolo, senza prospettiva”,”bisogna azzardare e andare”, “smettere di aver paura”…mamma mia… quale cruda ma quantomai veritiera analisi; forse proprio perchè cresciuto come un “indiano” (ed avendo speso e perso molte energie fino a questo momento) mi sento sempre più confinato in una riserva (appunto “senza prospettive”) …in un mondo pieno di macchine che ci tagliano la strada.
É anche vero che ormai manca molto poco alla soglia dei “quarant’anni” e si incomincia a fare un bilancio…sperando (forse) in una nuova ripartenza, risalendo sulla “moto” ed ingranando la prima marcia…cui (forse) seguirà una seconda ed una terza e via così…di nuovo.
Un saluto ed un lampeggio.
Come al solito leggo più volte prima di decidere, poi decido: questa volta scrivo!
C’è un affermazione che mi ha colpito,” smettere di avere paura”.
I bambini hanno paura del buio, di ciò che non conoscono, tutto questo è normale.
Gli adulti hanno paura di ciò che conoscono, di tutto quello che rappresenta un pericolo reale, questo è normale; perchè bisogna smettere di avere paura? Secondo me è la paura che ci fa andare avanti, ci fa andare incontro alla realtà, selezionare le cose “pericolose” dalle altre, passare dall’irrazionale al razionale. C’è una forza che ci tira giù ma è poi la stessa che ci rende forti e ci fa rialzare. Avere paura è più utile che avere coraggio, se hai voglia di andare la paura ti porta più lontano. In altre parole credo che dietro la paura ci sia la “coscienza/conoscenza” mentre dietro al coraggio credo ci sia la “incoscenza/ignoranza”.
Un lampeggio ance a te, come ai bei tempi, dove ogni volta che due moto si incrociavano era uso lampeggiare.
Saluti a tutti………………