Tra casa mia e lo studio ci sono sei minuti a piedi. Una grande fortuna se penso al ruggito della circonvallazione che mi giunge alle orecchie mentre cammino. Sei minuti sono un tempo breve. Il tempo perfetto di un corto. Sulla strada che mi ci porta, da parecchi mesi c’è un cantiere. Appena dopo l’incrocio c’è il mio pasticcere preferito, senza alcun dubbio il migliore della zona. Il lunedì mi ricordo che è lunedì perché è chiuso e non si sente nessun profumo. Come dire: cornuti e mazziati.
Il cantiere invece sta andando avanti. Hanno costruito un passaggio protetto di legno per i passanti. D’estate ero felice di arrivarci perché era un punto d’ombra, adesso è un bel momento del cammino se piove e non hai l’ombrello. Nel frattempo ho visto che sono arrivati al tetto. Non sarà una casa con tanta luce, è esposta poco e male. Ma… è di fronte al miglior pasticcere della zona.
Più avanti c’è la copisteria. Quando ci sono di fronte comincio a frugare per trovare le chiavi dello studio. I proprietari hanno avuto per un periodo un criceto russo. Era di una bellezza incredibile. Come si facesse a capire che era russo non lo so. Ma dormendo i criceti di giorno forse alludevano al famoso disturbo del sonno. In ogni caso, l’animaletto era delizioso e conviveva pacificamente con le fotocopie. Ora credo sia passato a miglior vita, ma la signora giurava che tenesse una compagnia straordinaria.
Per chi lo sa, oltre c’è anche un falegname. E’ in un cortile interno, in un seminterrato, è in pensione, è bravissimo e non ricordo quanti by-pass abbia. Ma continua a lavorare perché non può rinunciare al legno.
Poi il bar. Una mattina dovevo consegnare un lavoro presto e venni in studio alle sei. Lui era già lì da gran tempo. Sta tutto il giorno in piedi, avrà una sessantina d’anni. Ha una parola scherzosa per tutti (e va bene lo rivelo: per lui sono “ciao biondo”…), anche quando lo vedi che è stanco. E la sera, quando ripasso all’ora giusta, è ancora lui che chiude. Inutile dirlo, quando vai a bere il caffè non ricevi solo caffè.
Arrivo in studio, giro la chiave e mi chiedo: se questi sono sei minuti, perché quando scriviamo continuiamo a pensare solo alla trama ?
…dallo spazio profondo un segnale….(muovi la manina come Truffaut…taaa ta taa ta taaa)
leggendoti oggi mi hai ricordato Jiro Taniguchi e la sua opera a fumetti “L’uomo che cammina”…ma sei sicuro di vivere nella FRENETICA Milano? Ciao biondo!
Se vieni a casa mia ti faccio vedere nella mia cucina tre vasi di vetro con il coperchio di alluminio che una volta contenevano spezzettoni di cioccolata al latte, quadratoni di cioccolata con le nocciole e caramelle al pino. Su una parete troneggia un orologio del Burro Excelsior. Tutti oggetti che vedevo al mattino, bevendo il mio primo cappuccio nella latteria sotto casa. Tutta a boiserie dipinta di azzurro. Lì io ho avuto non solo caffè e cappuccini, ma lezioni sull’almanacco milanese dal Pino e dalla Rina. Quando per anzianità il lattaio ha deciso di chiudere e vendere, ho voluto quegli oggetti che ormai facevano parte della storia della mia vita. A meno di sei minuti. Quanto bastava per incominciare bene una giornata. A Milano.
La trama non si vede, se la cerchi. E invece se non la cerchi, ma semplicementi osservi quello che vedi, ti accorgi che ogni persona, ogni luogo, ogni edificio e talvolta ogni oggetto… ti raccontano una storia. Bisogna avere la pazienza di non cercare per accorgersi che osservando con calma e pazienza sono le storie a raccontarsi a noi.
E’ anche per questo che amo cosi’ tanto tornare e tornare in Bosnia. Perche’ ogni passo che faccio apre di fronte a me un universo di sentimenti e di realta’, di storie di persone e di famiglie, di bambini e di adulti che ti fanno entrare, in punta di piedi, nella vita che hanno vissuto, che stanno vivendo, che sognano di vivere.
Bisogna avere la pazienza di non cercare nulla, ma di accogliere ogni attimo che si vive con loro, per permettere alla vita di scorrerti dentro, per darle la possibilita’ di dispiegarsi sotto i tuoi occhi con l’immediatezza delle cose vere che non hanno bisogno di artifici per essere tali.
E cosi’ i viaggi non sono solo imprese di viaggiatori, diventano incontri e sguardi che mi fanno tornare a casa con la consapevolezza di aver partecipato a una storia piu’ grande, fatta della storia di tanti.
Un amico, in furgone, mi ha chiesto che cosa io cerchi quando viaggio.
E’ stato immediato rispondere che cerco le storie delle persone, i loro volti, le loro parole, perche’ solo cosi’ ho la serena certezza di aver conosciuto – almeno un po’ – le terre che attraverso.
Peccato non essere capace di raccontare.
Ma questa si’, e’ un’altra storia.