Non c’è quasi traccia della neve promessa, è sabato e avrebbe dovuto essere il gran giorno. Invece accenna ma non nevica. Il freddo invece non manca. Cambia i movimenti di tutti e anche all’Esselunga  la gente è come più lontana dalle cose. Si muove più rigida, imbalsamata dalla resistenza degli abiti. Mai andarci di sabato. O sei vittima di una vita che ti ha reso impossibile un altro momento, o sei colpevole di suicidio pianificato. Forse la crisi ha ridotto gli acquisti, allora diciamo che prima l’Esselunga era piena di gente che comprava e adesso è piena di gente che guarda le cose che non compra più. Ma di fatto è piena. Davanti a me, in coda alla cassa, due uomini parlano fitto tra loro e ridacchiano. Sono egiziani. Mentre si intrattengono non si accorgono del fatto che il cestello con le sei bottiglie d’acqua naturale che hanno messo sul rullo della cassa si è incastrato e che tutti i prodotti a seguire stanno franando addosso alle bottiglie. La salsa di soia si schianta per prima, a seguire due confezioni di ammorbidente ecologico e un litro di latte: scontro tra titani alla cassa. Poco distante, in elegante ritardo sull’incidente arriva la scatoletta di lievito per dolci.

L’evento dura una manciata di secondi ma manda in bestia la cassiera. Perché sia lei che io avevamo provato ad avvertire i due signori di smuovere le sei bottiglie, ma i due effettivamente sembravano presi nella loro conversazione e non eccessivamente propensi ad ascoltare. In tutto questo mi domando anche se non vi sia un comando che fa scorrere il tapis nero della cassa. Perché casomai esistesse, per salvare la vita alla soia e all’ammorbidente si sarebbe potuto attivarlo e fermare tutto prima del tragico schianto. Mentre giudico il mio pensiero scadente e nazional popolare – la solita ricerca del colpevole anche di fronte all’inevitabile – rimango perplesso dal fatto che i due uomini egiziani continuino a parlare e a ridacchiare tra loro senza accorgersi di nulla. Il nostro tempo di vicinanza si prolunga e ho tempo di osservarli meglio. Credo siano muratori o qualcosa del genere. Hanno lavorato, sono stanchi, stanchissimi. Ridono ma le loro facce sono segnate da una fatica fisica evidente. Probabilmente sono stati al freddo tutto oggi e adesso si avviano a un tempo di riposo, forse. Sì è inutile girarci intorno, puzzano. E’ vero. E anche se mi dà fastidio dirlo perché detesto anche solo la possibilità di essere e di sembrare razzista, le cose stanno semplicemente così. Anche noi puzziamo, ma il pupazzo di neve non sente mai odore di carota. In ogni caso è vero che c’è un mix – né meglio né peggio del nostro – fatto di spezie, aglio e sudore e forse di non eccessiva pulizia, che è abbastanza specifico.

Non è sbagliato sentirlo, trovo solo brutto giudicarlo.

Adesso inizia la saga del pagamento. E’ dopo la risoluzione del disastro che uno dei due egiziani commette il crimine peggiore: guarda la situazione soia – ammorbidente – litro di latte con un sorriso. Non capisce il danno creato, la devastazione culturale prodotta nel nostro mondo Esselunga. Non c’è niente da fare, lui trova che non sia così grave e non chiede nemmeno scusa. In più, pare non capire che se ha 15 euro semplifica la vita alla cassiera – e a tutti noi. Così, dopo aver giocato a Guarda Che Hai Combinato, la cassiera passa a Vediamo Quanto Sei Imbranato. L’uomo sta lì, la guarda con occhi interrogativi. E dietro di lui spuntano dal mio punto macchina le riviste messe accanto alle casse, riviste in vendita di vario genere. Dietro di lui ci sono quelle di arredamento.

Appena sopra la sua spalla spuntano Casa Viva e subito appresso Casa Facile. Le mie ridotte sinapsi pensano che una casa davvero viva non sia mai facile. E che una casa troppo facile sia anche troppo falsa per essere viva. Per l’egiziano – e non solo per lui – in assoluto la casa non è facile e forse quella viva è molto lontana da qui. A questo punto il mio contatto con la cassiera è ai minimi storici da quando ci conosciamo, meno di un minuto fa, ma d’altro canto la testa rotola per tutte queste conseguenze. Finché non mi salva l’occhio, che si ferma sulla terza rivista. E’ posta più in alto di tutti, la copertina se la tira un po’, chiederò ai ragazzi dello IED di spiegarmi se la mia sensazione è corretta. Si chiama Casa Naturale e grida: sono per ricchi, sono per ricchi!! Sbircio qualche scritta e mentre i due egiziani parlano tra loro cercando di capire se 15 euro sono da prendere, da dare o se è la cifra totale da pagare, Casa Naturale si domanda: Bioarchitettura: quale futuro?

Mentre ritorno penso ancora alle case naturali – veri gioielli d’avanguardia – che nella preistoria dovevano essere le uniche disponibili. E non posso fare a meno di pensare che la nostra avanguardia punti alla preistoria. Cosa c’è di naturale nell’avere il vero parquet non trattato del Perù in una casa di Milano? Cioè: hanno preso il legno, lo hanno lavorato in modo completamente naturale, poi lo hanno confezionato con imballaggi riciclati ed ecologici, l’hanno messo su un aereo, hanno sgasato su tutto l’oceano una quantità di carburante disastrosa e adesso è lì, nel tuo salotto ecologico. Respira profondo e sii felice. Senti che belle vibrazioni salgono dai piedi? Gli alberi del Perù e tutto l’Oceano ti sono grati. Casomai ti interessasse ci sono ottimi parquet industriali lavorati in modi del tutto normali proprio nel milanese, sotto la linea aerea di Linate.

Ecco, ho lasciato a casa le chiavi. Citofono. Codice numerico. Poi scala interna. Di nuovo codice numerico. Vedi quanti sbarramenti, quanto cemento. In effetti per le case naturali parlano anche di pareti vegetali per rispettare l’ambiente. Non ci sarà più bisogno di chiavi, magnifico: con una capretta affamata si potrà fare irruzione dovunque.

 

0 risposte

  1. Un pezzo di bravura questo post. E comunque confermo che entrare a casa tua è proprio la cosa meno facile del mondo….
    gigi

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