Spero che questi corti siano valsi la pena del tempo, per chi avesse scelto di vederli. Per me sono stati e sono – alcuni soprattutto – dei veri riferimenti. Altrettanti ne condividerò dopo queste due parole, da qui a settembre.  Ma parte del mio percorso sono state anche le riflessioni che mi è capitato di fare in questi anni un po’ con tutti. Innanzitutto con Gigi, il mio musicista, perché quasi sempre presente ai festival e nelle occasioni in cui c’era tempo, luogo e clima per ragionare seriamente su quello che stavamo facendo e che ci si muoveva intorno. E poi con moltissimi altri, registi, autori, critici, selezionatori…

     La prima cosa che mi viene da dire è: dove va a finire tutto questo cinema ? Perché non diventa grande ? Perché autori di corti formidabili fanno così tanta fatica a realizzare lungometraggi altrettanto belli, o anche semplicemente a realizzare un lungometraggio e basta ? Perché vinciamo con l’under 21 e perdiamo con la nazionale ? Cosa si rompe in mezzo ? Ci sono molte risposte esterne, e sono tutte validissime e dolorosamente vere.

    Perché con un cortometraggio sei libero dai vincoli delle grandi produzioni, delle distribuzioni, delle quote SKY, perché i tempi di un cortometraggio ti permettono di girare una storia quando ancora la senti viva dentro di te. Perché i cortometraggi li metti in una busta e li spedisci, e i festival di tutto il mondo possono decidere di selezionarli o meno. Senza intermediari. Senza politica. Senza pregiudizi. Perché non sono regionali. Vivi lontano dall’impero romano ? Non hai relazioni con le case di produzione, con i giri giusti, con quelli che muovono le cose ? Non fa nulla, un corto lo giri assolutamente nello stesso modo.

    Tutto questo è vero, ed è una strozzatura che uccide. La considerazione che viene guardando questi film è di un’evidenza schiacciante: perché il livello di questo cinema corto non è minimamente paragonabile al livello  dei film in sala ? Perché qui ci si emoziona, ci si stupisce, si pensa, si soffre, e in sala si ha sempre la sensazione di consumare un prodotto ? La domanda è sempre la stessa, e me la sono fatta decine di volte in questi anni: dove va a finire tutto questo cinema ?

    Credo che ci sia anche un motivo interno, sono sincero. Ognuno di noi ha la sua storia e non si può parlare per gli altri. Ma spesso escono film italiani su temi paralleli ad altri film, europei o americani che siano, che arrivano quasi contemporaneamente. Si ha di frequente la possibilità, se si vuole, di fare qualche confronto, nella mente. E sempre di più viene fuori – secondo me – che il nostro cinema fa fatica ad andare fino in fondo. A spingere le storie verso le loro conseguenze ultime. Verso la loro verità anche indicibile se è il caso.

    Ciò che nel corto viene fatto quasi senza rischi, e quindi con sana incoscienza, nel cinema lungo viene mediato, ammorbidito, televisivizzato.  Quello che potrebbe costituire la nostra identità, che sarebbe la nostra vera identità, viene smussato per non creare conflitto con nessuna alterità. Sembra più importante la complicità tra autore e pubblico che il rapporto di ognuno di noi con la verità che vede. E questo è un clima culturale. Sono molli e attorcigliati su se stessi i nostri film – parlo di tendenza, non di singoli casi sui quali a volte si viene felicemente smentiti – sono sbiaditi e autoreferenziali anche i nostri romanzi – idem per i singoli casi.

    E’ come un ragazzo che cresce male il nostro cinema. Da adolescente, con la furia e la foga e l’idealismo degli adolescenti, dice tutta la verità che vede con le parole che gli appartengono senza paura di dispiacere eventualmente a qualcuno, da adulto invece che imparare a guardare e dire la verità in modo più acuto e riflessivo, capisce che non conviene tanto dire la verità, quanto fare le cose in modo piacevole.

    Dice pochissimo della vita, il nostro cinema. Dice molto di se stesso. Per questo ritengo fondamentale guardare i corti più belli. Perché è come un adulto che si mette di fronte a se stesso e che ripassa la propria storia. Per capire dove si è perso. Per rientrare in contatto con sé. 

0 risposte

  1. Tutto vero giò. Aggiungo solo: quanti, fra i corti stupendi che hai proposto (e che mi sono visto e…rivisto) sono italiani? uno?? (ho contato male??). ho approfittato della tua bellissima idea per andare anch’io su youtube a vedere se c’erano alcuni corti italiani che abbiamo visto per es. ai festival di genova: ho trovato “le foto dello scandalo” e “piccole cose di valore non quantificabile”. li ho rivisti. bè per quanto ottimi lavori, e concedendo anche l’attenuante della datazione, non mi sono sentito, nel vederli, sullo stesso livello di quelli da te proposti. quindi c’è anche una crisi culturale in italia. non si produce più nulla. e una delle cause, oltre a quelle – tutte vere – da te citate nel post, è secondo me molto più concreta: c’è poca voglia di fare fatica, di lavorare, di soffrire per un progetto. sai, un corto comunque è…corto. pensare, scrivere, ripensare, riscrivere un lungo fino a quando non dice veramente quello che tu vuoi, quanta fatica in più richiede (e nessuno meglio di te lo sa..)??
    p.s. approfondiremo quando verrò a trovarti al mare per le lezioni di pesca che mi avevi promesso.
    gigi

  2. Anch’io, come Gigi, ho visto più volte i corti proposti, mi sono emozionato e stupito per quello che ho visto. Ho letto le tue rilfessioni, amare, e ti rimando un concetto che si sente sempre dire: “nel grande ci sta il piccolo”………. nel cinema, il più delle volte è vero il contrario, potenza del cinema e di chi ne fa un’arte!
    Cavolo, come mi piacerbbe prendere lezioni di pesca, i male informati dicono che sei un’artista del “muto”, alias, pesce! a presto.
    mauro

  3. Hai proprio ragione Mauro…infatti quando Giovanni fa film senza di me, raccoglie un fracco di premi!!
    gigi

    p.s. allora ci troviamo tutti lì per le lezioni!!

  4. Ma dai, non ci credo, non riesco proprio ad immaginare un film senza musica…. hai mai bevuto un vino senza profumo?
    al P.S. rispondo magari! ma sono a 900 km di distanza, in futuro chissà…
    ciao a tutti… mauro

  5. Belli Gio, ma qui c’è davvero da fare un discorso. Come nella narrativa, racconto e romanzo sono due cose completamente differenti. Anche nel cinema. Credo. Sono respiri diversi. Modi di raccontare diversi. Occorre dare più dignità ai corti, magari non chiamandoli più corti. Sono film. Come gli altri. E basta. Ognuno ha la sua storia da racconatre e quella storia dura il tempo necessario. magari un tempo breve a cjui servono più soldi di un tempo lungo. Ci pensi?
    E.

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