Sono stato molti anni in un guado professionale che non auguro a nessuno. Quello che si è spalancato quando ho capito che non aveva più senso fare un corto e non c’erano le forze per un lungo. Sei in una terra di nessuno, senza movimento e senza prospettive. Tutte le cose che vedi fare agli altri ti sembrano carine, qualcuna anche bella. Ma non sono quello che hai in mente tu. Poi ho fatto due conti. Te li fa fare la stanchezza. C’è una storia che amo. Voglio raccontarla. Ma non fa ridere e non fa nemmeno piangere. Raccontare questa storia sta significando per me capire perché la racconto. E’ sempre stato così. Ecco, presentare un progetto con queste parole a un produttore significa ucciderlo, perché le troppe risate a volte tirano brutti scherzi cardiorespiratori. Ho passato gli anni dei produttori, dei fondi, dei viaggi, degli incontri, delle telefonate. E sono finiti.
Di colpo mi è diventato chiaro che tutti questi tentativi erano figli della paura. Se un produttore non ti produce una storia, la giri senza produttore. Se costa troppo la trasformi. Devi farlo, l’alternativa è la morte di quello che sei veramente, cioè uno che racconta storie. Certe volte il no dei produttori è un alibi per non vedere che la tua storia non funziona veramente. Allora, come Lorenzo Bechi con Il talento del bianco, giri da solo. Ti togli dalla testa le aspettative, ti liberi dall’ossessione della sala a tutti i costi. Magari saranno festival magari neanche quelli ma non si può raccontare con l’angoscia di quello che succederà al film, bisogna amarlo e basta. Andare contro questo amore, disattendere questo amore è comunque avere fallito.
Attorno a questa convinzione si sono catalizzate alcune – poche – persone che insieme a me stanno percorrendo questa avventura. Sono il mio aiuto Marilena Mondati, l’operatore Antonio Morra e il giovanissimo producer Ivan Casagrande Conti. Poi ci sono amici attori e amici non attori che ci stanno accompagnando ognuno per un frammento di storia. Ci concedono il loro tempo, il loro talento, i loro spazi, il loro sapere e i loro volti. E questo film, di cui potete vedere un frame qui sopra, è cominciato. Naturalmente abbiamo bisogno di tantissimo, ma come per magia man mano che cerchiamo troviamo. Ci mancano ancora dei pezzi e altri ne scopriremo più avanti. Ma voglio mettere qui una lista di cose che magari a qualcuno che legge possono venire facili e che per noi sono difficili. Se qualcuno avesse voglia di percorrere con noi un piccolo tratto di strada… può mandare una mail, telefonare, scrivere qui sotto. So che bisognerebbe raccontare almeno qualcosa di questo film, ma in questo momento ci è necessario il silenzio. Non un silenzio di segretezza ma un’attenzione a proteggere ancora per un po’. Grazie di cuore a tutti e a tutti buon anno.
Location che cerchiamo:
– Cascina o casa vicino a Milano (ma se è lontana e idonea ci andiamo lo stesso) semi-abbandonata o temporaneamente disabitata.
– Appartamento a Milano, con una cucina aperta sul soggiorno.
– Appartamento piccolo di media borghesia, papabile per una giovane donna che lavora e vive sola.
– Una scuola guida.
– Un bar in cui poter girare all’interno.
– Una palestra non scolastica e con ampia sala – tipo sala danza.
– Appartamenti su piani alti o altissimi preferibilmente in centro a Milano – ma vanno bene anche decentrati – dai cui balconi o finestre poter girare riprese della città.
– Un ospedale disponibile per un’inquadratura di una corsia.
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