Oggi è il giorno della memoria ma via via che passano gli anni le persone che hanno visto l’orrore sono sempre di meno. Quando il passato remoto si trasformerà in passato assoluto, più nessuno resterà ad ammonirci delle somiglianze con il tempo presente. Quando un fatto viene consegnato definitivamente ai libri di storia, alle immagini e alle registrazioni, qualcosa va per sempre perduto.

Cosa ricordo, io?

Di tutto quel che si ricorda in questo giorno, niente. Per me è passato assoluto. Ricordo qualcosa di infinitamente più banale, più piatto e insignificante. Ricordo la nascita di Mediaset. Sì sì, ricordo l’inizio di Canale 5. La gente che ammiccava sul tram: “Stasera, 20 e 25. Canale 5!” Era penetrato nel nostro linguaggio e quindi nel nostro pensiero. Era la concorrenza alla statalissima RAI. I film iniziavano un filo prima di quelli della RAI e così i programmi di prima serata, ai quali affluivano una a una le star della tv nostrana di qualche anno prima. Pippo Baudo, Corrado, la Carrà. Una marea.

Fu Mediaset a portarci i talk show. Facendo un passo mai più revocato: la disintegrazione del discorso. L’accavallamento costante dei discorsi per cui i minuti passavano ma nessuna conclusione di senso arrivava mai. La disintegrazione delle storie, con l’inserimento proditorio delle pubblicità. La violazione di alcuni steccati apparentemente inviolabili: la satira sacrosanta che irrideva chiunque e qualunque pensiero. Ecco, se devo dire che cosa ha fatto Mediaset nella testa degli italiani mi viene in mente che passando i suoi programmi come positivamente dissacratori alla fine ha tolto agli italiani il senso del sacro.

Che non è connesso necessariamente alla religione, quanto al termine sacrificio, che significa appunto rendere sacro. Il sacro costituisce un perno interiore. Qualcosa attorno a cui tutto il resto ruota. La ruota del carro senza perno si sfalda e si rompe e così noi, se veniamo privati di quel senso universale di empatia profonda con quel che ci circonda. Il nostro appartenere a questo pianeta, il nostro essere ospiti passeggeri su questa terra, la non proprietà di tutto ciò che esiste, al di là delle illusioni dei rogiti, degli scontrini e dei conti correnti. Questo è sacro. Questo è perno.

Che vantaggio ha un’agenzia culturale a distruggere la nostra struttura interiore? Più il suo lavoro procede meno lo capiamo. Più la sua intrusione nel nostro spirito si fa profonda e acuta e meno ci orientiamo perché il suo lavoro è proprio quello di fondere cose che sono separate, che è una cosa grave quanto separare l’unità interna delle cose. Il Giorno della Memoria ci riporta a quella divisione letale – Ebrei e resto del mondo – che spacca e separa l’unità sacra che c’è fra gli esseri umani semplicemente perché sono esseri umani.  La razza è un giudizio della mente che divide l’uno che in realtà siamo.

Questo andamento è bidirezionale ovviamente. Fermo restando che è chiaro chi fu ucciso e chi uccise, anche le vittime partecipano della stessa umanità dei carnefici. Forse non è un buon giorno per dirlo, ma penso che ogni tipo di rancore passi solo quando sentiamo dentro di noi con chiarezza la stessa arma usata dall’altro per farci del male. La stessa possibilità di usarla per delimitare i confini e rimettere l’altro al suo posto. Fermo restando – naturalmente – chi ha fatto del male e chi l’ha subito.

Ma il crimine proviene anche dall’errore contrario: confondere ciò che è separato. Questo accade quando confondiamo il nostro giudizio su qualcuno con la sua realtà vera. Quando confondiamo le sue parole con i significati che vogliamo o sappiamo dargli noi, quando lo accusiamo per le intenzioni che gli attribuiamo senza conoscere le sue autentiche. E sistematicamente lo mandiamo a morte in tutti i modi in cui si può mandare a morte qualcuno. Confondere ciò che in realtà è separato.

Quindi mi pare che il problema sia lo sbiadimento dei confini logici e psicologici. Non riconosciamo più le strutture. Il nostro contatto con la realtà attualmente è questo: più di un politico è presente su youtube in video in cui afferma determinate cose e in altri video in cui nega di averle mai affermate. Quando morirà l’ultimo testimone della Shoà, forse affideremo a un sondaggio la sua verità storica. Quando sarà passato assoluto, diventerà ancor più opinabile di quanto non sia oggi.

Torno alla domanda che mi viene dentro: chi ci ha guadagnato dalla confusione di questi confini? Chi ha interesse a confondere e separare? Qualcuno che opera sui significati che diamo alla realtà e alle cose. E che ha capito che un popolo di disorientati rende molto di più di un popolo di orientati. Che una massa incapace di riferimenti è molto più aperta a farseli dare. Che un’assenza di sguardo significa una tendenza nazionale ad accettare uno sguardo fornito pronto e a metterselo addosso.

Un popolo stordito significa miliardi di prodotti venduti, milioni di voti ricevuti. Confondere è la premessa per vincere. Separare serve più spesso a giustificare la guerra. E se guardo come vanno le cose mi sembra che non ci sia molta luce davanti.

Però l’altro giorno ho sentito un ragazzo apostrofare la sua fidanzata: “Ma tu è inutile che ti illudi, tu ti illudi sempre e poi pigli le tranvate!” Ho alzato gli occhi dal libro e l’ho cercata. Capelli lunghi, sciolti, sguardo morbido nel nulla in mezzo ai passeggeri. Avevo bisogno di quegli occhi. Erano gli occhi di chi cerca il filo e pensa ancora che si possa trovare.

Non ti conosco, ma non cambiare quello sguardo mai.

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