Un’auto che viene in senso contrario mi avvisa di rallentare con gli abbaglianti. Sono le 18 e il sole è ancora alto e forte.
Il Naviglio scivola alla mia sinistra e dopo qualche decina di metri effettivamente ci fermiamo in coda. Sono a Badile, paese limitrofo di Milano Sud. Ci sono un po’ di cose che mi hanno dato fastidio in questi ultimi giorni. Su piani molto diversi. Non so perché alcune cose non le digerisco. Intendo anche di me.
Cose sparse su piani diversi. Però per esempio – ma è solo un esempio. Tutti quelli che hanno messo Je suis Charlie hanno letto dei bombardamenti francesi? Ai tempi ci avevo quasi litigato. Ma in realtà quello che non sopporto è il mio non sopportarli. Questa guerra che scorre comunque dentro di me, una guerra con la quale sono in guerra.
Faccio qualche metro, si va a senso alternato. Sarà un incidente. La strada è brutta, una corsia per senso di marcia e un sacco di gente con la voglia di superare. Non sopporto nemmeno questo di me: quella parte che ogni volta che vede partire i sorpassi spericolati maledice e augura il peggio. Ma il peggio si augura agli errori, non a chi li commette.
E difatti, eccomi qua. In prima fila.
La mia corsia viene fermata e tocca l’altra. L’incidente è davanti a me. Un’ambulanza in mezzo alla strada. Il muso schiacciato. Sul muso il sangue schizzato. Quattro macchine ferme evidentemente implicate nella cosa. A sinistra, sul guard rail che separa dal Naviglio, i resti di una moto imbiancata dal getto degli estintori. Di fianco un telo verde sul prato. Copre il cadavere. Sul guard rail altro sangue schizzato.
Rifaccio mentalmente la traiettoria. Sempre che sia andata come penso.
Quando uno va in moto è vestito. Ha il casco. Tutto quel sangue schizzato in un lampo sul muso dell’ambulanza e sul guard rail dalla parte opposta della carreggiata mi sono difficili da immaginare. Dev’essere passato solo qualche minuto dall’incidente. Spengo subito la radio, non so perché. Qualcuno forse non lo sa ancora ma la sua vita è appena cambiata per sempre.
Siamo pensieri onnipotenti in scatole craniche fragili, pure ipotesi incastrate in un corpo, in un’auto, su una strada. Da questo punto dello sguardo vedo me stesso laggiù, piccolissimo. Protesto contro quelli che dicono di chiamarsi Charlie perché secondo me non vedono a un palmo dal naso. Sono puntini anche loro, come me. Provvisori, evanescenti. Come me.
Possa il tuo viaggio continuare senza incidenti. Possa la strada esserti amica per sempre.
“Possa il tuo viaggio continuare senza incidenti. Possa la strada esserti amica per sempre.”
Anche la tua Jo!
Un lampeggio
Luigi