Credo che dentro ciascuno di noi abiti almeno un milite ignoto. Ignoto agli altri ma quasi sempre anche a noi. Combatte le battaglie più dure ma lo fa sempre nell’ombra, senza ricevere aiuti strategici né umanitari, né dagli altri né da noi stessi. Solo come un cane si danna l’anima per difendere le posizioni di un Governo Centrale che è la nostra vita come vogliamo che sia, che a lui deve sembrare una sorta di miraggio lontano.

Chissà perché non viene fuori, questo milite ignoto. Chissà perché non possiamo parlare delle nostre battaglie più intime e severe, di quello che ci lascia svegli la notte e che ci fa paura. Della nostra paura della paura, che in termini tecnici si chiama panico. Qualcosa che ruota attorno al giudizio e a tutta la matrice nefasta da cui proviene, che è poi quasi tutto quel che ci circonda. Nell’esercizio del giudizio più spietato la Chiesa Cattolica e la Pubblicità gareggiano per primeggiare. La Pubblicità si occupa di dirci che non andiamo bene per questo mondo, la Chiesa Cattolica per quello dopo. Il programma brilla per completezza.

Con te ho fatto solo un cortometraggio, Roberto. Moltissimi anni fa, era la mia prima esperienza di lavoro con i tossicodipendenti, che sarebbero poi diventati “la mia casa” per circa dieci anni. Era la storia riscritta di Caino e Abele e  in camera c’eri tu. La domanda che reggeva il film era cos’hanno di sbagliato quelli che nascono sbagliati?

Ricordo che una cosa che dicevi spesso in quel periodo era che una vita senza amici è come una vita in bianco e nero.

Allora non lo capivo ma in questa tua frase c’era il ribaltamento preciso di tutto l’Esistenzialismo che avevo tanto amato. Con il sorriso di chi non ha alcuna pretesa e parla solo per sé stavi dicendo che non era vero che “L’Inferno sono gli altri”.

Il Paradiso sono gli altri. La famiglia, gli amici, il set. Stavi dicendo questo con le parole e soprattutto con i modi.

Chi ha girato anche solo un cortometraggio sa perfettamente che quel che succede sul set è qualcosa di unico, sia che le cose vadano bene sia che vadano male. E’ unico anche rispetto al teatro. L’adrenalina si distribuisce in modo diverso, l’esperienza di controllo di una “filata” non c’è mai. E’ il regno della fiducia e della speranza oppure della paura totale. Giri ma non sai come sta venendo. Condividi le sensazioni, fai delle ipotesi, poi magari vedi le scene ma ancora il film non c’è e sai che la verità ti aspetta silenziosa in uno studio di montaggio.

Per questo anche se si è girato insieme una volta sola ci si ricorda per sempre. E’ una sorta di immensa famiglia allargata in cui gli amici sono i colori, come dicevi tu. Per questa intimità che nessun tempo può cancellare, sento di mandare un abbraccio al milite ignoto dentro di te che l’altra sera ha preso il comando e ha scelto di morire. Sono sincero, Roberto: ho un conto in sospeso con lui. Ma so che i personaggi compiono sempre la miglior azione possibile rispetto a quello che vedono, che sentono e che possono. E i personaggi sono come noi, altrimenti non funzionerebbero.

Questo milite ignoto voleva per te qualcosa di bellissimo, che fosse la pace, il silenzio, la luce, il riposo, il conforto o altro ancora che non so. La via che ha scelto non è piaciuta a nessuno e forse nemmeno a te. Lo prendo come un insegnamento: bisogna guardare anche oltre l’inquadratura, anche oltre quello che l’operatore ci fa vedere. Forse quando mi parlavi degli amici stavi facendo una muta richiesta che non ho riconosciuto. Ma adesso, molti anni dopo, credo di aver capito anche grazie a te.

Il Paradiso sono gli altri.

Ciao, Roberto.

 

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