Le olive taggiasche a 3×2 non le avevo mai viste e difatti non ci sono: stanno riorganizzando tutto il magazzino perché è cambiata la proprietà e i cartellini dei prezzi non sono relativi al prodotto sotto cui si trovano, le indicazioni sono casuali quindi l’unica vera indicazione è di non seguire alcuna indicazione.

Tutto si muove e viene ridisposto, ridimensionato, ristrutturato in una nuova geografia mossa da inedite estetiche e da nuove strategie. Comprerò più deodorante se me lo mettono nello scaffale a ridosso delle cipolle che data la posizione potrebbero essere l’ultima cosa che avrò toccato in quel momento e santo cielo che intuizioni questi strateghi le sanno proprio tutte su come ragiono e su quello che temo.

Anche l’ordine riflettente di questa nuova gestione è troppo bello per essere vero soprattutto in rapporto al disordine della mia vita che è troppo vero per essere bello e le olive taggiasche nel frattempo sono nel mio cestello a prezzo intero mentre il ragazzo alto e grosso – pelato come me – ha un’enorme scatola di cereali nel suo. Gira come stordito da troppo luccichio perché è chiaro che due uomini buttati tra gli scaffali annaspano tra i prodotti che sembrano scomparire al solo essere pensati.

Tra gli impiegati ammaestrati a una cortesia senza pietà si aggira quello alto, camicia bianca e fisico perfetto. Capo, gli dicono. E vuole sapere perché la tizia non è ancora arrivata. Perché ha fatto cambio con quell’altra. Ok, allora perché non c’è quell’altra vuole sapere il capo e il suo tono dice che lo vuole sapere adesso, mentre i due uomini pelati si aggirano negli scaffali in ristrutturazione. Chi farà la chiusura stasera vuole sapere. I dipendenti si guardano come lepri che hanno sentito gli spari ed è in quel momento che nella strategia della nuova gestione si apre un’inaspettata breccia.

Il pelato stordito era solo uno. L’altro l’ho visto saltare la cassa con delle lamette di rasoio in mano e fuggire spingendo la porta a vetri. Si leva un grande chiamare di guardia che non era al suo posto e chissà perché non era al suo posto se una guardia non guarda allora che la teniamo a fare pensa il capo. E dall’interno del paradiso commerciale lo vedo saettare in fianco alla mia auto parcheggiata lì di fronte. C’è un tram in arrivo e altri due in camicia bianca schizzano dalle porte a vetri e adesso è un action movie offerto dalla nuova gestione.

Mario non ne sa niente, lui guida il tram che sta arrivando come fa da trent’anni che adesso sta per andare in pensione e non ha mai fatto incidenti ma il pelato quello veloce non aspetta il tram, lo anticipa. Gli sfila davanti a un millimetro e i miei occhi l’hanno visto sotto e invece no. Passa e gli altri due attraversano la strada come lui, solo che prima di attraversare controllano e forse invece il mondo è di chi non guarda quando attraversa la strada. Di chi gioca ogni volta la partita di vincere o morire senza pianificazioni e io mi chiedo con le olive taggiasche nel cestello che cosa poteva esserci di così prezioso nelle lamette da rischiare tanto e così mi scopro dall’altra parte, a fare i conti se una cosa convenga oppure no.

Tornano a mani vuote i due impiegati volenterosi e se fosse stato un film non avrebbe potuto andare in maniera diversa perché non hanno avuto il coraggio di attraversare senza guardare. Il coraggio o la necessità o la disperazione o la follia o l’inconsapevolezza o qualunque altro motore autentico e irrevocabile che possa muovere un’azione. Loro difendevano un posto di lavoro e adesso il capo vorrà sapere perché a quella cazzo di porta non c’era l’uomo di guardia che adesso arriva, è di colore, e bisognerà capire se varrà la pena di continuare a pagarlo per farsi scappare gli uomini.

Ok riprendo a fare la spesa tra cartellini sbagliati indicazioni menzognere prezzi inventati e offerte che non esistono e mi sembra fin troppo didascalico Dio a parlarmi così della vita e dovrebbe saperlo che le metafore non vanno sottolineate mai. Mario arriverà a casa con una cosa da raccontare, l’altro pelato con delle lamette trafugate dalla fortezza l’uomo di colore forse con un posto di lavoro in meno e troppo tempo libero davanti io con le mie olive taggiasche e l’irritazione delle etichette che non coincidono mai e che mi fanno sentire che quel ladro sono anche io che ho i soldi per pagare quelle olive e che il posto incerto è il posto di tutti soprattutto quando è sicuro perché non c’è disequilibrio più pericoloso di quello che non avverti.

Il capo si aggira irritato a morte il buco nello scaffale delle lamette e la cesta del pelato veloce a scappare lasciato lì. Spese mai pensate, cose tirate dentro per confondere le acque, ha appeso anche lui a se stesso un’etichetta che non aveva nulla a che vedere con la disperazione e con l’azione che aveva dentro. Un vento di cose nuove sta arrivando e non è detto che sarà solo piacevole. Mentre salgo con la spesa mi rimane un pensiero. Dubitare delle offerte speciali. Attraversare strade. Non giudicare.

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