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Durante questa sessione di lavoro con i ragazzi di Cinema, viene fuori ripetutamente la questione del non usare aggettivi. Ma niente, sono come Alien. Più uno li caccia via più nidificano nei nostri pensieri e si riproducono senza fine. Tutto questo induce a contromisure a volte troppo drastiche. Così voglio condividere due appunti che magari possono aiutare chi si sta districando con le sue prime regie.

Innanzitutto: cos’hanno di male gli aggettivi?

Niente. Solo che li metti tu. Sono il tuo pensiero su ciò che vedi. Se li usi senza pensarci confondi quel che hai davanti agli occhi realmente con quel che ne pensi tu. Il giudizio è un’allucinazione, in effetti.

Quando c’è giudizio sul personaggio?

Ogni volta che ti è possibile la domanda: secondo chi? Quando la cosa non è un’evidenza dei fatti, quando non è una deduzione inoppugnabile, quando è discrezionale, qualificante o squalificante, quello sei tu che giudichi. Isabella è un personaggio molto snob. Molto snob secondo chi? Questo è un giudizio. Isabella indossa solo capi firmati. Se la cosa è vera, è vera. E’ un’osservazione. Non c’è giudizio.

Come si manifesta il giudizio sul personaggio?

Il giudizio si manifesta attraverso il verbo essere, l’osservazione con tutti gli altri verbi. Ogni volta che dici com’è un personaggio è facile che tu lo stia giudicando. Ogni volta che dici cosa fa lo stai semplicemente osservando.

Detto questo, che mi pare sia una base abbastanza nota, la questione non è chiusa.

Se ti limiti a sorvegliare i tuoi aggettivi e a segnalare a te stesso quando il tuo giudizio interviene, per quanto strano ti possa sembrare stai di nuovo giudicando. Stai giudicando l’aggettivo che hai pensato e stai anche giudicando te stesso per averlo pensato. Isabella è molto snob. Ah no, questo è un giudizio. Ho sbagliato. Se ti fermi a questo passo, retrocedi dalla dialettica sul giudizio alla retorica del non giudicare.

Non giudicare è un’ottima cosa anche nella vita. Ma non buttiamo via con le fasce anche il bambino. Il giudizio proviene da una sensazione che hai avuto. Questa sensazione l’ha avuta una parte interna di te, quindi bisogna rispettarla. E per rispettarla bisogna interrogarla e ascoltarla. Pensi che Isabella sia molto snob. Okay. Ascolta profondamente questa osservazione e senti dove ti porta. Se lavori bene, porta a una serie di domande.

Quando.

Quando ho avuto questa sensazione? Anziché cassarti perché hai giudicato, vai a vedere di preciso dove è nato il tuo giudizio. Potresti trovare un’azione precisa, una battuta, un delta della scena che sposta l’asse drammatico. La sceneggiatura è molto più comoda da rivedere rispetto alla vita. Puoi sfogliare e rileggere e non sei soggetto alle alterazioni della memoria, quando vuoi ricordarti perché odi qualcuno. Quando trovi il tuo “quando” puoi analizzarlo con la seconda domanda.

Cosa.

Ora hai preso il punto critico. Osservalo. Cosa fa il personaggio in questo momento? Cerca di essere più stupido che puoi. Non interpretare. Isabella ferisce l’orgoglio di Carlo. Questo lo pensi tu e magari hai ragione, ma non lo sai ancora. Quindi: Isabella versa il suo bicchiere di champagne sulla giacca di Carlo. Questo è quello che fa. Stop. Così va bene.  E sei pronto alla terza domanda.

Perché.

Perché il personaggio fa quello che fa?

La risposta più semplice e concreta è la migliore. Potrebbe essere: Isabella è arrabbiata con Carlo. Se ci sono motivi giustificati in sceneggiatura potrebbe essere una buona risposta. Ma come vedi è solo l’inizio di un cammino: e perché è arrabbiata con Carlo? Segue tutta la catena degli eventi. Questo ti mette in condizione di connettere ogni scelta e ogni punto della sceneggiatura a tutti gli altri. Attenzione, bisogna che la sceneggiatura sia una buona sceneggiatura, altrimenti tutto questo non avviene. Ok. Molto spesso non avviene. Viva l’Italia.

Quando sei arrivato al dunque dei perché, ti trovi di fronte a una risposta oltre la quale nessun perché è più domandabile. Perché vogliamo essere amati? Perché vogliamo dimostrare il nostro valore a noi stessi? Perché vogliamo essere importanti per qualcuno? Benvenuto nel mondo dei need. Sei nel cuore.

A questo punto si apre un altro perché.

Perché quello che fa il personaggio mi suscita questa emozione e mi induce al giudizio da cui sono partito? 

Entriamo nella relazione profonda che esiste tra te e la storia. Se sarà il caso di farlo a questo giro, proseguiremo qui tra qualche giorno o settimana. Perché questo è ancora un altro mondo.

Intanto. Buone storie a tutti. Cin cin, Isabella.

 

 

 

 

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