“Ogni volta che vedeva un filmato degli aerei Lianne avvicinava un dito al pulsante di spegnimento del telecomando. Poi continuava a guardare. Il secondo aereo che spuntava da quel cielo azzurro ghiaccio, era quella la sequenza che le penetrava nel corpo, che sembrava scorrerle sotto la pelle, quella fugace accelerazione che trasportava vite e storie, le loro e la sua, quelle di tutti, in un’altra distanza, al di là delle torri.
I cieli che conservava nella memoria erano drammi di nuvole e mare in tempesta, oppure la lucentezza elettrica prima del tuono estivo in città, sempre legate alle energie dei fenomeni atmosferici, di ciò che c’era lassù, masse d’aria, vapore acqueo, venti da ovest. Questo era diverso, un cielo terso carico di terrore umano in quegli aerei sfreccianti, prima uno, poi l’altro, la forza dell’umana determinazione.
Keith si mise a guardare con lei. Ogni singola disperazione impotente stagliata contro il cielo, voci umane che invocavano Dio, e che orrore immaginare tutto questo, il nome di Dio sulla lingua degli assassini e delle vittime al tempo stesso, prima un aeroplano e poi l’altro, quello dei due che sembrava quasi l’omino di un cartone animato, con occhi vividi e denti, il secondo aereo, la torre sud. (…)
Keith disse: – Sembra ancora un incidente, il primo. Anche da questa distanza, da fuori, con tutti i giorni che sono passati, io lo guardo e penso che è un incidente.
– Perché non può che essere così.
– Non può che essere così, – disse lui.
– Il modo in cui la telecamera sembra quasi sorpresa.
– Ma solo la prima volta.
– Solo la prima, – disse lei.
– Il secondo, quando spunta il secondo aereo, – disse Keith, – siamo già tutti un po’ più vecchi e un po’ più saggi.”
Ho finito il libro di Delillo e voglio condividere questo stralcio senza inquinarlo con i commenti. Lo farò tra qualche giorno. Oggi mi sento solo di dire: leggetelo.
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