Era un sacco di tempo che non ci pensavo più. Ma la pizza con Vittorio Moroni mi ha rispolverato la memoria. Vittorio è un filmaker valtellinese che vive a Roma. Ha girato due lungometraggi molto belli di cui ho amato incondizionatamente il primo, “Tu devi essere il lupo”. Mi telefona una settimana fa e mi dice che passa da Milano per un lavoro. Così, ci troviamo per due chiacchiere e qualche parere su La durezza dell’acqua, che si è appena letto.

    Quando due filmaker si trovano a parlare ci sono per lo meno venti minuti di default per le lamentele economiche. Qui le tralascio però, perché i discorsi sulle varie Film Commission che dovrebbero funzionare e non esistono nemmeno, su quella del Piemonte che funziona però soltanto se sei piemontese, su quella lombarda che a dispetto della Lega è come l’Araba Fenice, senza nemmeno bisogno del permesso di soggiorno perché non soggiorna proprio… questi discorsi, dicevo, hanno solo il potere di deprimere e non portano mai idee concrete. Ma intanto che si sollevano questi pianti in attesa di pizza, mi viene in mente un fatto che poi mi dimentico di raccontargli.

    E’ il 1998, ho 30 anni… e lavoro da 5 anni con il Ser.T. di Limbiate Mombello. Dopo due spettacoli al Portaromana, giro il mio primo cortometraggio: Caino. Ci lavoro molto con i ragazzi, e la sceneggiatura riesce semplice, ingenua ma con una sua coerenza e con una sua forza. Totalmente inesperto di produzioni, mi reco in una banca in centro a Milano, una di quelle che ha fama di avere sensibilità per i progetti a fondo perduto, a scopo culturale, sociale, umanitario e tutto ciò che di più commovente si può scrivere in un manifesto pubblicitario di una banca.
Chiedo 10 milioni di lire, ma non so a chi, per cui telefono e prendo un appuntamento con l’uomo che decide se sì o se no.

    Quando entro sono positivamente colpito dalla sua età: giovanissimo, in un ufficio chiaramente direzionale, e apparentemente davvero interessato. Gli racconto dei ragazzi, delle difficoltà, della sensatezza del progetto, dello sforzo di raccontare qualcosa di diverso da se stessi per persone abituate a parlare sempre dei propri drammi, ecc.
Mi ascolta e poi mi guarda in silenzio. “Bello. Che bel progetto…” Bene, penso, è fatta. Ma non avevo ancora visto niente. Senza giri di parole il giovane dottore mi punta con lo sguardo:

Ti pareva…

    Uno può prepararsi a sentirsi dire no, può immaginare – se proprio ha tempo da perdere – di incontrare in banca un potenziale concorrente ed essere nelle sue mani per il finanziamento. Ma come può un filmaker immaginare che sarà la banca a chiedere aiuto a lui ? Eppure andò così. I dieci milioni non arrivarono mai, il film si fece. Da allora non ho più cercato produzioni. Ma si trattava di corti. Adesso che la meta è il lungometraggio, anche questo modo di sopravvivenza è finito.

    In banca… no, non ci sono più tornato. Hai visto mai che stesse provando Jesus Christ Superstar con la Anni Azzurri’s Royal Dance Academy

0 risposte

  1. “Quando due filmaker si trovano a parlare ci sono per lo meno venti minuti di default per le lamentele economiche” …. capita anche agli attori, caro Giovanni.
    Interessante il tuo blog, ripasserò.
    Elisa

  2. Covini, io te l’ho sempre detto. Tu hai bisogno di qualcuno che trovi i soldi per i tuoi film.
    Da solo non sei capace! Perfino in Banca trovi chi cerca in te un aiuto… non va bene!!!!
    :-))))

    Ne avessi, guarda, davvero te li darei.
    Al massimo, invece, posso far partire una sottoscrizione artigianale…

    baci e in bocca al lupetto!
    Anna

  3. Buona giornata Giovanni. (mi sento risuonare come un violoncello leggendo questo tuo post!)
    un abbraccio
    E.

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