Il desiderio dell’altro.

“Perché le persone si raccontino, e soprattutto mi raccontino, mi devono riconoscere come, citando Lacan, il “soggetto-supposto-sapere”, cioè mi devono riconoscere come qualcuno capace di interpretarli e da cui desiderano essere interpretati.

E’ durante il processo di motivazione che divento per il gruppo il “soggetto-supposto-sapere”. In quella fase compio una serie di manovre per risvegliare negli studenti il desiderio dell’apprendimento del teatro e provo a dimostrare di avere le competenze necessarie per aiutarli a soddisfare il loro desiderio.

La scrittura delle poesie costituisce anche uno strumento di verifica per accertare se mi riconoscono come “soggetto-supposto-sapere”. E’ dalla qualità e dalla quantità dei loro scritti che io misuro il successo dell’intervento chiamato “motivazione del gruppo”. Quando scrivono sono sicuri, perché lo dico, che sarò io solo a leggerle. Sanno che non saranno oggetto di valutazione scolastica. Sanno che chi non se la sente può anche non scrivere. Sanno quindi che ciò che scriveranno lo scriveranno in un certo senso per me.  E se scrivono in modo sincero, si aprono, si raccontano, si prendono sul serio, allora vuol dire che il mio intervento è riuscito e che mi hanno riconosciuto come “soggetto-supposto-sapere”. Divento in qualche misura un loro desiderio, perché pensano che io sappia ciò che nemmeno loro sanno di se stessi.

Per insegnare teatro, per quanto mi riguarda, è  necessario che si instauri un transfert. Se non si è amati, non si può insegnare. E questo transfert non riguarda ovviamente solo il gruppo, ma anche chi lo guida. Per riconoscere il loro inconscio, devo in qualche modo assumerlo, farlo mio, riportarlo su di me; ciò può avvenire soltanto se in qualche modo ho già percorso il cammino dell’analizzante attraverso una mia analisi. Per riconoscere l’inconscio dell’altro, devo prendere in considerazione il mio.  Certo i miei lapsus, le cose che dico in più di quelle che penso di dire, sono diverse da quelle delle persone del gruppo, ma dal punto di vista formale i miei lapsus e i loro sono identici.

(…) I gruppi spesso credono che il conduttore sappia qual è il loro desiderio, ma il conduttore non lo sa. Se lo sapesse potrebbe barattarlo. In quel caso la relazione diventerebbe una relazione commerciale, mentre si tratta di una relazione d’amore. “

Leggo il libro di Mimmo con voracità. Era molto tempo che non mi capitava di appassionarmi così a un testo di metodologia. Ma ritrovo in queste parole – anche in quelle sulle quali ho posizioni diverse – un quid fondamentale che me lo fa sentire vicinissimo. Per adesso mi tengo questa considerazione di Mimmo: se non si è amati, non si può insegnare. E me la giro come mi viene più congeniale: se non si ama, non si può imparare. Direi che così mi riguarda di più, avendo io molta più voglia e materia per imparare che per insegnare. Però ci torno fra qualche giorno. Mi sembrano talmente belle le sue parole, che le voglio lasciare così.

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