Il Nemico dentro di te. Di Giovanni Covini

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Il Nemico dentro di te.

Prima o poi, il nemico arriva. Con il suo carico di violenza, cattiveria, ostilità. È l’esperienza di tutti ed è parte imprescindibile di tutte le storie.

Il nemico è la personificazione di tutto ciò che ci ostacola. Senza di lui potremmo raggiungere i nostri obiettivi facilmente, vivremmo in pace, non saremmo messi in discussione o a repentaglio.

Il nemico ci costringe ad allungare la strada, a non andare per via diretta verso ciò che desideriamo. A modificare la nostra attitudine verso gli altri e verso la vita: ci chiede di attivare attenzione, allerta, sospetto, calcolo.

È la sintesi di tutto ciò che ci rovina la vita. Almeno. Questo è quello che pensiamo noi. Perché forse lui non la pensa così.

Punto di vista e identità

Perché il Nemico ha un suo punto di vista. Non solo su di noi, ma su tutto. Perché anche lui ha una vita. Dei desideri. Dei dolori. In pratica: il nostro Nemico non coincide con il suo conflitto con noi.

Presentare il Nemico in una storia, quindi, significa presentare un essere umano completo, ricco e complesso così com’è ognuno di noi. Ben altro e ben oltre la sua relazione conflittuale con il protagonista.

Ma soprattutto, per presentare il Nemico dobbiamo essere consapevoli delle ragioni per cui è diventato un nemico. E questo è un punto fondamentale nella scrittura di una storia: che cosa genera un’opposizione?

Avere un obiettivo genera l’ostacolo

Supponi di incontrare una donna bellissima. Vi presentate, fate due chiacchiere, poi lei ti dice che è sposata e ti parla di suo marito come dell’uomo migliore del mondo. Ok. Nella nostra immaginazione un po’ automatica potremmo pensare che questo marito diventi il Nemico. Ma è proprio vero, secondo te?

Forse lo è nella misura in cui tu desideri questa donna. Perché il fatto che lei sia bellissima non è una condizione sufficiente, anzi non è proprio una condizione pertinente. Magari hai altri gusti sessuali, magari sei innamorato della tua compagna, magari la donna è bellissima ma non è il tuo tipo.

Che cosa stiamo arrivando a dire? Che l’ostacolo è generato dal tuo desiderio. Che il nemico è generato dal tuo obiettivo. Il marito è tuo nemico solo se tu ne desideri la moglie, ma quando non desideri niente non hai nemici. Se non tendi a un obiettivo non hai rivali. Se non vuoi vincere lo scudetto non ti iscrivi al campionato e nessuno ti farà dei gol.

Queste considerazioni ci spingono anche a disaccoppiare la parola Nemico dalla parola Cattivo, perché chiariscono che il Nemico non ha proprio niente di cattivo nel suo essere sposato con una donna bellissima.

E cioè: il Nemico è a sua volta un centro di desiderio, di espressione, di sensibilità. È un fulcro vitale positivo come lo è qualunque forma vivente semplicemente perché vive.

Avere un obiettivo è la cosa più sana del mondo

Ma non è sempre facile mantenere questa chiarezza, infatti nella narrazione che facciamo delle nostre vite solitamente le cose sono sovrapposte e il Nemico, c’è poco da fare, è Cattivo. Non so se capita anche a voi di notarlo, ma nei racconti che ci facciamo dei nostri conflitti, i nemici hanno sempre un modo assurdo di parlare, delle voci distorte dalle nostre imitazioni piene di livore. In pratica ci siamo noi contro una pletora di mostri.

Ora, prendiamo proprio il momento che stiamo vivendo: un Paese invaso e massacrato da un altro. Vallo a dire al popolo ucraino che se non desideri niente non hai nemici. Come dire: è anche un po’ colpa tua se soffri tanto a essere bombardato. Basterebbe che non ti importasse nulla di avere la tua casa e la tua famiglia per vivere felice e adesso saresti bello tranquillo.  Il discorso è insostenibile.

Eppure, proprio in un caso così terribile questa verità brilla in modo particolare. Perché il dolore di essere invasi e distrutti deriva dal desiderio più che legittimo di vivere in pace, felicemente. Desideriamo vivere. Desideriamo respirare. Desideriamo amare. Siamo fatti per questo. Ma d’altro canto se qualcuno volesse togliersi la vita, potrebbe persino ringraziare chi gli spara. Cioè non esiste nemico che non sia generato dal nostro sentire. Detto in estrema sintesi: il Nemico non ci è nemico in quanto buono o cattivo. Ci è nemico in quanto oppositore di ciò che desideriamo. Il Nemico continua a essere generato dalle mie attese sulla vita.

Sospensione del giudizio. Capacità di giudizio.

Difficile eh? Non dire che il Nemico è il Cattivo.

Pensare al Nemico come cattivo è sviluppare un pensiero morale e se  è vero che una morale dalle storie siamo sempre liberi di trarla, è ancor più vero che con la morale non si scrivono le storie. Questo perché le storie non sono lezioni e non sono prediche. Sono avventure. E perché la morale è molto utile se si tratta di evitare di fare del male ad altri, poco se si tratta di giudicarli.

Possiamo tentare una definizione di Nemico, sapendo di metterci in un mare così tanto più grande di noi. Se è vero che gli ostacoli che troviamo di fronte a noi non sono altro che la proiezione di quelli che sentiamo dentro di noi, forse il Nemico è la nostra parte ancora non compiuta, non risolta, che vuole compiersi e che fatica a farlo, proiettata lì fuori, di fronte a noi. È qualcosa che tendiamo a fare spesso: prendiamo i nostri guai e li chiamiamo con il nome degli altri.

Cinema e Psicologia. Cinema e Filosofia.

Prendiamo una storia che può aiutarci a capire. Parliamo di True Mothers, di Naomi Kawase, film del 2020. Ci racconta di Satoko e di suo marito Kiyo Kazu, che hanno affrontato senza successo la dura esperienza del trattamento farmacologico per l’infertilità. Si orientano alla fine per un’adozione. Ed è così che incontrano il piccolo Asato.

A consegnarlo loro, è la madre biologica Hikari.

Una ragazzina di 14 anni che ha ceduto a un’imprudenza d’amore.

Alla notizia della sua gravidanza, i suoi genitori l’avevano mandata a soggiornare fino al parto presso Baby Baton, un sito vicino a Hiroshima dove vengono accolte ragazze incinte che non potranno tenere i figli. La separazione per Hikari è straziante.

Qualche anno dopo, una giovane donna si presenta a casa di Satoko per rivendicare il figlio, o per avere in cambio dei soldi. Dice di essere la madre naturale, Hikari, ma Satoko si rende conto che non è così. Di chi si tratta, dunque? Non sveliamo oltre.

Più tardi, comunque, la vera Hikari vorrà farsi viva per poter rivedere suo figlio Asato.

Ecco, la maternità è un esempio perfetto di quello su cui stiamo ragionando oggi.

Perché è un’esperienza di possesso e di dono allo stesso tempo. Perché mescola un senso d’amore a un senso di proprietà e di diritto.

Di chi sono i figli? Cosa stabilisce i confini quando si parla d’amore?

La povera Hikari ha dovuto affrontare la sua gravidanza come una vergogna e adesso chiede di poter riabbracciare suo figlio, che non avrebbe mai voluto dare via. E così Sakoto, che non ha avuto altra colpa che dare al piccolo Asato il meglio di sé per i primi sei anni della sua vita.

Non ci sono cattivi. C’è solo un mare di dolore e questa presentazione così tonda, completa e piena dei personaggi forse non è un caso che provenga da una donna e che affronti il tema della maternità.

Gestire le emozioni affinché non generino il Nemico

È mio o è tuo è da sempre uno dei baricentri del conflitto. E quindi della nascita del Nemico. Tutte e due queste donne hanno ragioni, ma non si tratta di avere ragione. Naomi Kawase ci accompagna meravigliosamente ai confini del cuore, dove veramente facciamo tutti fatica ad andare. Sentire un figlio come cosa nostra è molto più facile che lasciargli strada. Sommergerlo del nostro amore è molto più facile che permettere anche ad altri di amarlo. Queste sono le condizioni di sentire interiore che generano il Nemico in un attimo.

Prendiamo da Giorgio Caproni le parole efficaci per sintetizzare il passo di oggi. La presentazione del nemico a noi come specchio del nemico in noi.

Mi sono risolto.
Mi sono voltato indietro.
Ho scorto
uno per uno negli occhi
i miei assassini.
Hanno
tutti quanti – il mio volto.

Giorgio Caproni

Era: Il Nemico dentro di te. Di Giovanni Covini

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