Caro Elia,

    grazie per aver condiviso con me questo tuo sogno! Sì, ci sono cose che erano evidenti anche senza la tua spiegazione. E questo significa che la tua proto-sceneggiatura in qualche modo arriva a chi legge. E ci sono cose che non arrivano nemmeno dopo la tua spiegazione. Che significa ? Semplicemente che ci devi riflettere ancora. E che io non posso darti delle grandi indicazioni, posso soltanto suggerirti di fare luce su alcune zone che mi sembrano in ombra.

    Il genere non mi turba, anzi le origini dell’horror sono talmente nobili che mi mettono in soggezione ogni volta che ci penso. Ricordi quell’uomo che uscì dalla casa di sua madre strappandosi gli occhi, con il sangue che gli colava sulle guance ? Aveva appena fatto l’amore con lei, ne era innamorato perso. Si chiamava Edipo. Non è Freddie Kruger ma lavora nel nostro stomaco dall’inizio dei tempi.
L’horror ci svela le paure vicine, quelle che ci possono uccidere. Le armi sono taglienti, aguzze, da contatto viscerale. La paura che combattiamo è dentro di noi, e il mostro non è che specchio esteriore del fatal flaw, ormai ci è chiaro no ? Qui poi tu usi lo specchio, il vetro. Quindi la cosa diventa ancora più chiara.

    Il fatto è che nel tuo script c’è un controllo maniacale dell’immagine. Talmente maniacale che più che vederla davanti a me, vedo te che la scrivi. C’è qualcosa in questo modo di scrivere che mi dice ansia, bisogno di controllo, ossessione per il dettaglio che altro non è che il desiderio di non farsi sopraffare dal contenuto emozionale della vicenda, e il desiderio di mostrare – giustamente – la propria abilità. Hai scelto l’horror, e mostrare la propria forza di controllo di fronte a una storia così ha molto a che vedere con la paura…
Bene.

    Adesso vengo al contenuto narrativo. Le fasi , le regole, sono indicazioni di qualcosa di più profondo. Indicano la strada verso la verità, ma non sono la verità. Superale, senza tradirle e se puoi – almeno inizialmente – senza trasgredirle. Superare una regola significa stare all’interno del campo delimitato dalla regola senza soffrirne e senza sentirsi piallati dalla cosa. Al contrario, grati per la luce e l’amore che ci aiuta a dare alla nostra storia. Significa riconoscere che la nostra vera libertà e la nostra più piena identità sono all’interno di questo campo, in un punto assolutamente originale e specifico. Il nostro. Noi. Perché la regola solo per i cretini è costrizione: se la regola è regola illuminata, delimita il campo della necessità, al di fuori del quale c’è il gratuito.

    E allora, caro Elia, perché io non so che farmene del tuo protagonista ? Perché dovrei tifare per lui ? Perché dovrei essere in pena ? Chi è ? Un maniaco che se esce da quel bunker mi fa a fette la famiglia ? Cosa mi dai per capire cosa devo sentire ? Tu gli vuoi bene ? Perché sta sotto la strada: per un motivo specifico, una prigione che si trova lì perché sta vicino al parlamento ? E’ un parlamentare che ha appena votato un bombardamento ? Allora: non rifugiarti nei sensi metaforici. Vi dico sempre che i sensi sono metaforici e metà no: quello concreto, narrativo, perché noi vivamo di senso concreto dal quale traiamo le più ardite conclusioni. Quel senso dov’è ?

    Magari hai avuto questa visione, ma capirne il significato è un percorso così doloroso che preferisci costruirgli intorno una magnifica (e assai ardua e rischiosa) costruzione di immagini. Ti ricorda qualcosa ? Attorno al mostro si costruisce un labirinto, opera di un geniale inventore. L’ha fatto Dedalo con il figlio Icaro quando si trattava del Minotauro. Lo facciamo noi tutti i giorni. Di quanti sorrisi e cortesie ammantiamo le relazioni che non funzionano ? Vai fino in fondo, se vuoi guadagnarti il diritto di raccontare una storia. Per ora ne hai solo una gran voglia. Abbatti i muri, uno a uno, che ti separano dal vero motivo di questa idea: perché hai voluto raccontare questa storia. Di che cosa parla veramente questa storia. Fermati su questo. Vai dentro di te.

    Hai fatto un lavoro minuzioso accuratamente evitando di affrontare il fatal flaw. Di tirarlo fuori, dichiararlo. Lottarci contro. Può essere che tu ce lo veda ma noi non capiamo. La risposta l’hai dentro.
Ti ringrazio per avermi mandato la tua storia. Considero sempre un grande atto di condivisione e fiducia far leggere o mostrare i propri lavori. Continua a lavorare. E deciditi a dire tutta la verità. ti abbraccio.

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