“Se la certezza corporea di dover morire fosse tangibile in ciascuno di noi il più presto possibile, nessuno patirebbe più sofferenze esistenziali – l’odio, l’invidia, la gelosia. Niente più paure. I nostri rapporti interumani sono giochi crudeli per il semplice fatto che noi, nella nostra fine, non intravvediamo alcunché di positivo. Ma c’è il positivo, perché è reale. La fine rappresenta la vita concreta. Il corpo deve capire la morte. A Brema, dopo un mio spettacolo, passai una notte terribile. Un sogno di morte. Che mi colse assolutamente impreparato.

    Dopo di che mi venne la cardionevrosi e corsi dal medico. Ovviamente non ero malato. Questa esperienza della finitezza mi ha raggiunto in sogno a ventisei anni, anche troppo tardi. Non potevo più sfruttarla nella mia relazione. Ed è diventata l’argomento della mia nuova pièce: Endle Endlos (“Fine sena fine”).

    Però la distruzione non è il contrario dell’esistenza. La distruzione, come idea, si ha quando questo stesso concetto non esiste più, quando non ha più senso, quando si trasforma in una realtà che lo fa dissolvere. Quello che si potrà inventare dopo, sarebbe entusiasmante.”

 

Rainer Werner Fassbinder, giugno 1977 

     

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