MILANO – CORSO MATTEOTTI – PROMOZIONE PER APERTURA NUOVO NEGOZIO ABERCROMBIE – I MODELLI IN MOSTRA DAVANTI AL NEGOZIO

 

Sabato mattina mi tocca. La prima uscita da padre di figlio adolescente. Andiamo tutti, come per un rito iniziatico. Giada e la piccola Francesca. E naturalmente lui, il quasi dodicenne Samuele. Un generoso buono regalo della zia autorizza a qualsiasi acquisto, non si discutono i doni. E da parte mia sono sinceramente curioso di metterci il naso.  Una fila inusitata che si snoda fuori e dentro il portico. Una vera e propria meta. Abercrombie.

Quando si arriva alla soglia, come per ogni extra-mondo che si rispetti, c’è un guardiano. Che qui svolge veramente la funzione che svolge per l’eroe. Si tratta di un giovanissimo modello, fisico scolpito, sguardo languido, torso nudo. Una cosa a metà fra: sei sicura di voler entrare? E: ciao piccola, questo è solo l’inizio del paradiso… Una promessa di sensualità e insieme una promessa di extra mondo. La prima cosa che penso – mentre il modello scatta foto con ragazzine entusiaste – è che un negozio di vestiti ha scelto di mettere sulla soglia un ragazzo vestito a metà. Perché se sei del mondo Abercrombie non ti vesti con dei bei vestiti. Sei bello tu. Bello come quello là.

Poi si entra. Un dipinto a tutta parete, una sorta di Cappella Sistina pop, perfetta ed efficace suggestione della sacralità di un regno profano. E’ un ingresso nelle tenebre, o meglio nella semitenebra perché qualcosa riluce. A destra qualche gozzo di legno, una mini rimessa per le barche. Posto di viaggiatori, posto d’avventura. Pronto a partire? Ecco il mondo di Abercrombie, un forcing spietato su tutti i tuoi sensi per sollevarti dal mondo e portarti via. Musica altissima, profumo fortissimo. Vista e olfatto vengono travolti e da questo mondo ti senti paradossalmente quasi protetto. Mi chiedo cosa sia. Lo so che è un negozio, ma non significa un negozio. E’… un utero. Vengo cullato insieme a tanti altri della mia cucciolata da questo stordimento anestetico di musica e odori.

Ma il capolavoro sono loro, i vestiti. Un negozio li espone, Abercrombie no. Qui i vestiti appaiono. Con luci dedicate e millimetriche, sagomate al centimetro. I vestiti volano nel buio, rilucono, emanano luce propria. Sono.. una magia. Non è un posto per babbani, benvenuti nei decenni di Harry Potter dove un maglione è più vivo di chi lo indossa e ha tutta una storia. Spariscono, i miei fratelli di cucciolata. Li sento intorno e non sono pochi, si aggirano stupiti come me in questo girone crepuscolare e popolare. Ma procediamo fiduciosi di essere tenuti per mano e accompagnati sani e salvi e stupiti e con gli occhi riempiti di meraviglia fino alla fine.

Con il residuo di pensiero che mi resta mi dico che per trovare il suo mondo, Abercrombie ha sottratto il mondo e ha lasciato i vestiti. Che non sono più vestiti. Sono simboli, forme di vita, emozioni allo stato puro se dentro di te non hai ben chiara la differenza tra le emozioni e le sensazioni indotte con i trucchi. Durante il viaggio puoi anche soddisfare il senso del tatto. Puoi… toccarli. Estrarli da quella luce magica e portarli a te e finalmente guardarli. E provare come starebbero addosso alle tue spalle, alle tue braccia. Ne prendi qualcuno, ti avvii in questo corridoio pieno di gente in penombra che non è la cassa, è il confine d’uscita, cui tu porgi il denaro che è un obolo, una sorta di offerta agli dei. E finalmente esci a riveder le stelle.

La domanda adesso mi segue per la strada, intanto che Samuele custodisce il suo sacchetto Abercrombie. Mi chiedo cosa ne sarà di quei doni magici quando la luce del giorno li profanerà, quando saranno appoggiati sul letto, sulla sedia, in lavatrice. Babbano che sono. La magia di Abercrombie continua. Quella luce di cui rilucono là sotto, i vestiti non la perdono. Continuerà il suo corso nello sguardo ammirato e complice di chi condivide quel viaggio. Chi si è portato una fotografia con il guardiano della soglia a torso nudo, chi farà casualmente intravedere l’alce, chi ammiccherà, chi sorriderà, chi farà finta di niente. Abercrombie è Hogwarts. Abercrombie è ritorno alle emozioni viscerali. Sulla via, incrociamo Zara. Entriamo per prendere qualcosa di normale a Francesca. Ed è un’occasione d’oro per me. La differenza è impietosa e schiacciante. Zara diventa un posto sciatto, vestiti mostrati per essere volgarmente venduti, e poi guarda: si vedono gli scaffali, si vedono le tende dei camerini, si vedono i muri. Mamma mia come sono banali i muri quando tutto cinque minuti fa volava sospeso fuori e dentro di noi.

Quando Samuele apre la borsa di Abercrombie una zaffata del magico profumo di quel mondo esce e ci dà come la prova di esserci stati. Ti segue, te lo porti dentro. Questo è il progetto. E gli è riuscito alla grande.

Eppure la cosa che mi ha colpito di più non è tutto questo gioco. E’ l’atteggiamento dei giovani. Che è davvero diverso da quello dei giovani di vent’anni fa, cioè di quando lo ero io. Perché in più di noi – secondo me – hanno un disincanto totale e uno spiccato senso dell’ironia. Quello che ho scritto qui non li sorprenderebbe nemmeno un po’. La consapevolezza che tutto questo sia una costruzione finalizzata al marketing, che niente di quel che c’è là dentro derivi da gusto ispirazione e magia è assolutamente evidente. Ma accettano di giocare. A un gioco di relazioni che gli serve poi nel mondo: sei Abercrombie o no? Lo sanno, sanno tutto. Almeno questa è la mia sensazione. Sanno che passerà, sanno che non gli piacerà per sempre. Non ne fanno un mito. Ci giocano, sono disposti a spendere cifre importanti se le hanno, ma con questo non si sentono davvero diversi, si sentono semplicemente liberi di giocare.

Ad Abercrombie è sfuggita solo una cosa, che secondo me gli farebbe fare il definitivo botto economico. Ma sicuramente è perché non mi conoscono. Dovrebbero chiamare me e dovrebbero mettermi sulla soglia a torso nudo, in fianco al modello. Farei sfracelli. Con un cartello sotto: Lui non veste Abercrombie. Sì sì. Sfracelli.

0 risposte

  1. e tu pensa che il modello in prima fila è spesso a casa nostra a cena, se vuoi ti invito e facciamo dei provini…. e poi facciamo vedere a ciappi di che pasta sei!
    at salut..

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