Sbircio – rimettendo a posto la scrivania – tra gli appunti di lavoro di Giada. C’è una frase di Franco Basaglia del 1978….

“Cambiare significa pazienza, lavoro quotidiano durissimo, alleanze, naturalmente anche con chi governa, capacità di stare nelle contraddizioni, accettare la realtà.  

Avere un’idea di cambiamento che deve dare forza a un progetto. Un progetto da condividere, che deve rappresentare la rotta, la strada da percorrere, senza deragliamenti, senza compromessi.

Cambiamenti anche del nostro modo di pensare, di vedere, di attraversare la realtà….” 

       Mi colpisce moltissimo, perché alla fine raccontare storie è sempre raccontare storie di cambiamento. Ed è anche cambiare insieme alle proprie storie. Poi rifletto su come si sta raccontando oggi, soprattutto in Italia. E credo che ci sia sì voglia di cambiare, ma forse non in direzione di un progetto, del dare forza a qualcosa di comune. Penso al neorealismo e alle sceneggiature scritte a più mani. Ai racconti di Age e Scarpelli su quando si parlava, ci si confrontava, si costruiva insieme.  

       Qui però è tutto diverso. Nel neorealismo l’Italia si stava ricostruendo. C’erano fiducia, speranza, un progetto comune fin troppo chiaro, nel quale il cinema come ogni altra cosa era coinvolto. Oggi siamo in un piano inclinato, ci sentiamo scivolare lungo questa recessione contro cui nessun cinema può nulla. Dentro a questo rumore crescente, c’è un grande silenzio in realtà. Un’assenza di quella rotta di cui parla Basaglia. Come bisognerebbe fare, oggi ? Come se ne esce…

0 risposte

  1. In quella frase di Basaglia c’è tutto, c’è la risposta al tuo quesito: come se ne esce?
    Con la “pazienza”…non pretendere di raggiungere tutto in un attimo e neppure in breve tempo
    Con il” lavoro quotidiano durissimo”…non scoraggiarsi alla prima difficoltà, e neppure alla seconda, continuare a lavorare come se tutto andasse sempre bene.
    Con le “alleanze”…non pretendere di fare da soli, di riuscire in compiti difficili solo con le proprie forze, condividere i compiti, le responsabilità, le soddisfazioni.
    “Anche con chi governa”…questo è difficile, ma è il senso della realtà. Non occorre, per fare un’opposizione, distruggere tutto ciò che l’altro fa. Cercare di ottenere nella misura del possibile comprensione e collaborazione nei progetti in cui questo è possibile, per il bene comune.
    “Capacità di stare nelle contraddizioni”… questo richiede un grande discernimento: in quali contraddizioni stare? Certe sono necessarie, accettabili, certe richiedono il coraggio di rotture anche drastiche. Una cosa sono le contraddizioni di metodo, altro è il compromesso di sistema.
    “Accettare la realtà”…questo a mio parere equivale a sospendere il mugugno che a volte ci assolve della nostra pigrizia o del nostro poco coraggio. Dovremmo osare di più operando in un contesto negativo, ponendo opere, anche piccole, che parlano o parleranno per noi.
    Come se ne esce? Non si tratta di trovarsi ad un certo punto fuori dalla tempesta, si tratta di capire in quale direzione piegare con forza il timone perché il vento ci spinga nella direzione giusta.

  2. Non so rispondere alle tue domande e riesco a fatica a stare nel tuo ragionamento, forse ci sono troppo dentro.

    Stasera ho visto “Il matrimonio di Lorna”, dei Dardenne.
    E ho pensato a questo discorso che facevi dei cambiamenti, del progetto, della prospettiva.

    Se ti capita vai a vederlo, a me e’ piaciuto. E’ un film duro, direi asciutto, mi ha stupita per poi farmi dire “certo, non poteva che andar così…”. Ci sono progetti, scopi, determinazione. E poi tutto va a monte perché cambia la prospettiva, il punto di vista. O si fa luce dentro e fuori di sé.

    Non so se si può accostare al Neorealismo, non azzardo parole che conosco appena.
    Di certo è un film di oggi, con le persone di oggi, i sogni di oggi, il male di oggi.

    Anna

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