– No non si deve preoccupare. Il nostro corpo provvede a registrare le vittime e a sostituirle con delle cellule nuove. Nella stessa quantità, nello stesso posto, con la stessa qualità.
L’autostrada è quasi vuota. Notte infrasettimanale sulla Milano – Venezia. C’è neve intorno, ma la strada è perfetta. Un po’ di nebbia quando si aprono campi. In momenti così bui, quando l’inverno celebra il proprio trionfo incontrastato, le strade sembrano spazi tremendi, attraversati fuggevolmente da luogo chiuso a luogo chiuso da chi ne è costretto. Devo fare benzina e anche scaldarmi con un caffè. Non avrei voglia di fermarmi ma non posso evitarlo.
E’ una piccola area di servizio, camion fermi con le tende chiuse. Mi sono sempre chiesto come si possa riscaldare un abitacolo in notti così. Dentro, l’autogrill è quasi deserto. Pago il caffè alla cassa poi vado al banco e chiedo che sia decaffeinato.
– Ah… sarebbero cinque centesimi in più. Te lo faccio lo stesso.
Non è italiana, e dalla pronuncia direi che non è nemmeno qui da molto. Cinese. Fuori dal mondo, come me in quel momento, e quando sei fuori dal tuo mondo ti resta solo l’essenziale: chi sei, cosa vuoi.
– Posso tornare là – indico la cassa – credo di averli cinque centesimi.
Lei sorride, fa no con la testa, il caffè è già in preparazione. Siamo in tre. L’uomo alla cassa, la barista cinese e io. La carta vetrata di oggi è passata con durezza su di noi. Anche se l’uomo alla cassa parla e sorride. Deve essere di quelli che hanno una battuta o una parola gentile per ogni cliente anche quando c’è una lunga coda. Mi sono sempre chiesto se le persone così abbiano una famiglia tanto calorosa alle spalle che riversano nel mondo un’affettività ricaricata e debordante, o se abbiano invece un disperato bisogno di famiglia e di affetto e lo cerchino in ogni contatto estraneo simulando di distribuirne.
Cellule. Ma lo specialista alla radio non ha detto – forse nei laboratori dermatologici questo è fuori tema – che le cellule si sfiniscono sulle autostrade con la pioggia e le code, e si devono rigenerare di notte nei camion parcheggiati nelle aree degli autogrill. Che il saldo quotidiano tra distruzione e rigenerazione non è mai un saldo pari. Che non c’è nessuna luce che possa illuminare nuovamente la piega delle rughe di queste fatiche. Nessuna Italia rigenererà il viaggio della barista cinese, nessun sonno restituirà ai camionisti qui fuori uno sguardo vergine dalle nebbie e dalle nevi notturne. Si scrive tutto, nero su bianco, carta vetrata su pelle.
Il dermatologo ha finito. Giornale radio. Forse Israele concederà una tregua. Forse un cessate il fuoco di tre ore per ragioni umanitarie. Soccorsi, rigenerazione, restituzione di acqua, servizi, cure. Cellule. Correre a recuperare i danni sapendo che il saldo sarà comunque negativo. Duecento, trecento, ottocento persone morte non verranno sostituite. Il loro meraviglioso sistema di ricostruzione di se stessi è finito. Ci sono storie che si chiudono senza prese di fiato nemmeno in autogrill nemmeno di notte nemmeno in un camion.
Il nostro DNA silenzioso lavora. Costruisce millimetricamente l’arco della nostra esistenza e sa di noi molto più di noi. Passa un aereo e penso che riprese aeree non potrò farne mai, costeranno sempre troppo per un film mio. Penso a quello che deve vedere da lassù: una grande vena nera e vuota, con qualche globulo rosso e qualche globulo bianco che la percorre. Microscopici elementi di vita che ricostruiscono, mettono riparo al giorno che è passato. Ci sono sempre quei cinque centesimi risparmiati o persi da una parte o dall’altra. Le cellule della notte vivono di luci al neon e complicità veloci. Servono a ricordarsi del giorno, a continuare a sperare che arrivi.
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