Compiuto o non compiuto, ciò che rimane di una storia di solito è un percorso. E un percorso è una porzione di spazio/tempo che ci porta da uno stato interiore ad un altro. Potremmo definire questo percorso “esperienza”. Ancora lo sguardo di Damiano ci aiuta nella riflessione. Qui il nostro sguardo è tangente, un’altra storia inserita nello scorrere del tempo e nel dipanarsi dello spazio. Sentiamo tutto l’amore che abita i luoghi e che li attraversa, e sentiamo il suo arco di esistenza scorrere da un tempo infinito.

    Esperienza è quella di chi è andato “fuori”. Chi è uscito dal quartiere, dal proprio mondo, chi molto ha girato conosciuto e visto. Credo che su questo punto si potrebbe riflettere di più. Troppe delle nostre storie non hanno questa dimensione abbastanza spiccata. L’uscita dalla soglia del proprio mondo. L’abbandono dell’universo interiore in cui ci sentiamo così rassicurati. Non esiste esperienza senza abbandono di ciò che l’ha preceduta.

    Forse una spia della tiepidezza del nostro cinema è anche qui. Non siamo capaci di tagliare. Di far chiudere ai nostri personaggi con tutto ciò che non gli appartiene più interiormente ed esteriormente. L’esperienza è sfuocata perché si fonda su basi che si sgretolano, su quest’idea di onnipotenza che la comunicazione attuale vuol farci percepire: che possiamo tutto, che abbiamo facoltà di avere il bianco e pure il nero, il destro e pure il sinistro.

    Invece esperienza è abbandonare, partire, uscire, e poi prendere, incontrare, cominciare. E’ sentire i luoghi attraverso i quali la nostra vita è passata, come teatri irrevocabili del nostro viaggio, che è stato quello e non un altro, che è stato il nostro e quello di nessun altro, che è stato precisamente così e non un po’ diverso. E’… la foto di Damiano, con l’amore scolpito in un luogo, in un tempo che gli stanno intorno e che sono la storia che passa di lì.

     Da un mondo a un altro, da uno stato interiore ad un altro. Esperienza è trasmigrare in continuazione. E’ prospettive che cambiano e che ci cambiano. Spesso il nostro giudizio su noi stessi da giovani è ingeneroso, perché è un giudizio che tende ad esser fatto senza considerazione per i cambi di prospettiva. Alcune cose che oggi ci sembrano evidenti ieri non erano parte dello scenario. Così è per un personaggio: se all’inizio della sua esperienza non vede alcune cose, non le vede e basta. Giudicarlo nella scrittura sarebbe catastrofico. Ma la vicenda dell’esperienza continua…

     

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