Leggo della nuova versione del Grande Fratello. Pare che l’evento stavolta sia costituito dalla presenza tra i concorrenti di una donna che vuole diventare uomo attraverso un intervento chirurgico. Immagino la riunione nella quale la strategia è stata messa a punto:  priorità, target, obbiettivi. Audience. Poi tutti a casa soddisfatti: anche per quest’anno i nostri creativi hanno dato il meglio di sé.

Il punto che mi colpisce non è la questione sessuale, perché che funzioni per l’audience è cosa nota da molto prima che fosse noto il concetto di audience. Diciamo che la questione è abbastanza ripetitiva: giocare al limite del legale, stuzzicare senza passare il guado, a volte anzi passarlo e poi spiegare di essere stati male interpretati. Insomma, esistere in qualche modo, fare rumore.

In un tempo che confonde tutto ci si distingue solo toccando gli estremi, e tra l’altro condividere che cos’è estremo consolida ciò che implicitamente consideriamo normale. E’ questo che ferma la mia attenzione. Mi viene da considerare la donna che vuole diventare uomo semplicemente il pacchetto di un’operazione velenosa. Perché in ballo c’è una persona che si prepara ad affrontare un cambiamento intimo, di identità profonda, sconvolgente a livello psicofisico.

Forse chi ha ideato la versione di quest’anno avrà immaginato che tutti noi saremmo stati lì per vedere che cosa dice, come si comporta e magari anche che cosa ci fa vedere o che cosa ci mostra di saper fare la donna che vuole diventare uomo. Se così hanno pensato certamente non hanno sbagliato, dato che da dieci anni hanno i loro bravi ascolti. Ma mi viene naturale ruotare la questione per fissare bene cos’è che trovo abominevole nel tutto.

Una storia funziona quando porta in sé qualcosa nella quale chi ascolta si riconosce. In questo caso non molte donne si potranno riconoscere nella protagonista, ma tutti gli esseri umani si potranno riconoscere in lei per ogni volta nella quale avrebbero voluto cambiare e non ne hanno avuto il coraggio, la forza; oppure per tutte le volte che questa forza l’hanno avuta e hanno fatto le spese delle loro scelte e dei loro cambiamenti profondi.

In questo noi ci possiamo proiettare.

Il punto è che questo non è un film e anche qualora fosse una vicenda sceneggiata a nostra insaputa lo sarebbe – appunto – a nostra insaputa. Quello che ci viene proposto, quindi, è essenzialmente un modo di guardare. Guardare un cambiamento lacerante in corso d’opera. Senza la consapevolezza della storia, la realtà così nuda e cruda perde la sua capacità di rimandare a noi stessi e ci rimanda esclusivamente a quella persona lì, quella sullo schermo, ai fatti suoi. Perché al posto delle scelte narrative drammatiche c’è soltanto il bello della diretta.

Questo modo di guardare non è quello degli spettatori che dall’inizio dei tempi si riunivano nei teatri e poi nei cinema “per ascoltare insieme una parola da accogliere o da respingere”, come diceva Paolo Grassi. C’è una riduzione di noi da esseri umani che percepiscono a guardoni, da persone con un’intimità a individui con dei piccoli segreti. Vengono offesi il nostro saper cambiare e il nostro saper guardare.Viene svilito il nostro riconoscerci con solidarietà anche nei personaggi più lontani da noi.

Voler cambiare sesso è un ottimo esercizio di sguardo per me che non ci ho mai pensato. Conoscere un personaggio così sarebbe un’esperienza nel senso in cui citavo l’altro giorno dal libro di Laura Boella: fare esperienza di un’esperienza che non è la mia. Così il lavoro sul mio atteggiamento di spettatore e più in generale di essere umano che vive in una comunità di esseri umani è ambiguo e disonesto, perché aggira la mia consapevolezza e mi conduce ad essere ciò che non sono, mi induce a guardare come non vorrei guardare.

Soprattutto, mi divide dal personaggio che ho davanti. Anziché solidarizzare e mettermi nel suo sguardo lo spio, lo osservo, lo giudico. Passa un modo di vivere insieme che non è più vivere insieme. La vera vittima non è la donna che vuole diventare uomo, ma io che senza saperlo vengo defraudato del mio sguardo e di una parte della mia umanità. In questo senso, non nel tema del sesso e della pruderie, questo programma mi sembra che abbia poco di grande e poco del fratello.

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