Manca poco a Natale, sono giornate alterate da telefonate e cose che non si fanno mai nel resto dell’anno. Non è usuale nemmeno avere i bambini per casa tutto questo tempo da mattina a sera. Ciliegina sulla torta passa Francesca a salutare Samuele e Francesca jr. Francesca gode di un lasciapassare speciale a casa nostra. Non solo per la somiglianza delle nostre storie, la vicinanza dei nostri ambiti di lavoro, forse dei nostri punti di vista, ma anche per l’empatia congenita che riesce a stabilire con i bambini.

       Non fa eccezione stavolta. Porta un regalino a entrambi dimostrando di aver fissato bene chi sono anche se non li vede spesso, facendo una mossa che è proprio quella che si dovrebbe fare con un regalo: non ti ho regalato tanto, ma ti ho ascoltato e ho sentito che cosa sei.  Così Francesca jr si è relazionata subito ai biscotti con pupazzetti scomponibili e ricomponibili annessi, e Samuele si è sentito riconosciuto nel suo libro sui dinosauri. Un lasciapassare si conquista così, credo. Ascoltando.

       Poi credo ci sia un’altra ragione per cui Francesca piace tanto ai bambini. Perché racconta le cose in un modo magnifico. Le sue storie non sono frutto di costruzione e non hanno ambientazioni fantastiche, ma convocano il fantastico continuamente all’interno dell’immediatezza e del reale. E dicono: tutto è possibile, basta guardarlo bene. I bambini impazziscono ogni volta che un adulto concede loro la possibilità della possibilità. Ogni volta che un adulto rinuncia a usare il principio di realtà come una clava sul loro bisogno di spazio.

        Stavolta, Francesca arriva con una notizia vera. La fine di un’attesa. Un percorso lunghissimo che abbiamo avuto il privilegio di seguire da amici: l’adozione di un bambino. Finalmente, dopo tre anni di percorso, di lavorìo continuo dentro e fuori, tra domande in carta bollata e domande sottovoce, è in arrivo Le Chen, a febbraio, quando avrà un anno esatto. Una bambina cinese. Mentre beviamo apfelsaft e parliamo di Le Chen, la punta dell’albero di Natale comincia a ballare. Anche la lampada sul mobile, in fondo alla sala. Poi la sensazione è evidente: è il terremoto.

        Ci sono pochi momenti in cui la vita ci regala delle fotografie così incisive di quello che stiamo vivendo.  Il linguaggio non è ciò che indica, e parlare di una cosa non è viverla. Ma il terremoto in quel preciso momento ha “fatto il futuro” davanti a noi scuotendo la nostra emotività, prendendoci di sorpresa. Come se ci avesse chiesto se eravamo consapevoli di quello che sarebbe successo e che succederà, se capivamo di che cosa stavamo davvero parlando. Consapevolezza. Mi ritrovo a dirlo oggi ai miei figli quando mi arrabbio: ma ti rendi conto di quello che stai facendo? E’ stato detto anche a me, ma non è servito. Non serve. Non siamo mai consapevoli, altrimenti cosa viviamo a fare? Viviamo per diventarlo, continuamente e lentamente. Ma rispetto alle esperienze che affrontiamo non lo siamo mai, altrimenti non le affronteremmo o non sarebbero esperienze.

       Insomma ci sono alcuni segni che capitano in alcuni momenti, e che mi lasciano di stucco perché nascono cinema. Anzi, se lo fossero sarebbero cinema di quello troppo spiegato, troppo detto. Ma Le Chen sarà sempre saldata, per me, al terremoto di quest’anno. A qualcosa che ha scosso le fondamenta senza far crollare la casa ma risvegliando le persone che la abitano. Un avvertimento. Ogni persona nuova lo è. Solo che non sappiamo di che cosa. Per capirlo credo che possiamo solo ascoltare. Fare il regalo che fa Francesca: un piccolo oggetto scelto dopo aver preso la mira sul cuore. 

       Prenderanno un aereo e voleranno in Cina, Paolo e Francesca. E torneranno con Le Chen. In mezzo a tutto il resto che ci darà, il 2009 sembra volerci riservare questo. Ci sono strade che non si sarebbe mai pensato di percorrere. Anzi alcune di queste – ad averle conosciute prima – ci avrebbero dissuasi da ciò che invece abbiamo fatto. Qualunque storia uno racconti, la racconta seduto sulla storia che sta vivendo. Sapendo una parte e ignorando le altre. Avendo il potere di stare seduto  su una sedia a bere apfelsaft, e affidato alla terra che trema sotto quella sedia. Consapevole che la consapevolezza è millimetrica, quotidiana e limitata. Che il mondo è quello che noi realizziamo del mondo, e questo mi spinge a guardare il diagramma del terremoto e a pensare che  sembra un elettrocardiogramma in un momento di forte emozione. Paolo e Francesca possono sapere molto poco di quello che accadrà. Forse niente. Ma sanno che prenderanno quell’aereo. Non posso non sentire che è meraviglioso.

      

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