C’è tutto uno spazio davanti a noi, uno spazio che di solito in questa stagione non c’è. Il Corso è trasparente e persino tiepido, più di 9 °C, contro le previsioni. C’è l’aria leggera che arriva solo dopo molto vento. Le insegne, i semafori, le vetrine. Tutto brilla con un nitore diverso. E un’altra cosa: c’è silenzio. Tutta una via semivuota. La gente entra nei negozi ma non è la stessa cosa. Samuele lo nota, ed è inevitabile parlare della crisi. Passano i grandi tram che vanno verso il centro. Dovrebbero essere stracarichi invece sono semivuoti, si vede la casa di fronte da vetro a vetro.

       Fine di un tempo, mi viene da pensare. Ma non lo dico perché è inutile immalinconire un bambino per un aspetto che peraltro non rimpiango affatto. Parliamo dei regali che diminuiscono ma dentro di me parlo di mutui bollette e disperazioni senza rimedio. La difficoltà di tutti è drammatica, eppure… c’è qualcosa che mi piace moltissimo in questo avvicinamento teso, nervoso, livido e sinistro al Natale. Moltissimo. La città è un’altra. Finalmente sta pensando. Sarà anche solo arrabbiata, sarà disperata per il presente e per il futuro, ma è altrove. Finalmente altrove rispetto alla reattività da topo addomesticato. A schiaffi, a furia di torri che crollano, di banche che falliscono, di General Motors che non ne parliamo, a furia di promesse televisive sempre più divaricate rispetto alla semplice realtà quotidiana, a furia di borse che precipitano e rimbalzano e riprecipitano… forse stiamo capendo qualcosa.

       Giada l’altro giorno lo chiamava un diverso senso di equità. E’ vero. E direi anche un diverso orizzonte interiore di possibilità.  La gallina non vuole alcun rapporto con il contadino. Non è capace nemmeno di immaginarlo. E’ avvezza a vedere la mano che getta il pappone e ad attenderlo direttamente con lo sguardo a terra. Un giorno ho sentito dire che se il contadino allungasse la mano vuota, se facesse solo il gesto ma non gettasse niente, la gallina finalmente alzerebbe la testa a guardare cos’è successo.

       Forse questo vuoto, questo interminabile e desolato tram  che sfila via deserto, ci sta dicendo qualcosa di quello che potremmo essere. Non solo di quello che non abbiamo più. E’ un momento in cui ci viene data la straordinaria possibilità di fermarci a pensare. A sentire. Più che cercare di fare le stesse cose con meno soldi, tirando sulle piccole scelte in modo da poter continuare a vivere come abbiamo sempre vissuto, credo che questo frangente ci stia invitando a fare proprio cose diverse. Non è questione di tagliare festeggiamenti – quelli sono tagliati da tempo e per moltissimi  erano comunque fastidiosi – si tratta proprio di sentire questo silenzio nuovo e spiazzante in giro per la città in questi week end che dovrebbero essere di acquisti natalizi.

       E per esempio leggere, ascoltare, guardare. Distolti da ciò che compravamo per sanare le nostre ferite identitarie, siamo costretti a sanarle in un modo diverso. Non siamo più imbottigliati in coda alle casse, e ci  ritroviamo più ricchi di spazio e di tempo, le due condizioni all’interno delle quali si sviluppa l’arco dell’esperienza del personaggio, e quindi il nostro. Naturalmente la vita fa le cose per bene, quindi non sono solo i regali che non facciamo più. Stiamo facendo tutti una fatica terribile anche solo per far quadrare i conti necessari. Stiamo soffrendo moltissimo. Ci è chiaro di che cosa siamo più poveri,  facciamo fatica a credere di essere anche più ricchi, perché non abbiamo ancora capito bene di che cosa lo stiamo diventando.

       Ma è così. Questa città ammutolita sta precipitando fuori e crescendo dentro, e quando riemergerà si ritroverà in un’Italia diversa. Dobbiamo imparare a galleggiare sulla riga della necessità. Per la prima volta ho visto una prospettiva seria e profonda, ho sentito anche una promessa in tutto questo tempo nuovo che sta arrivando. Per la prima volta ho sentito nell’aria la voglia di uscirne insieme, e la voglia di prendere parte a questo laboratorio silenzioso e difficile. Succede quando c’è molto vento. Quando cambia l’aria.

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  1. leggerti è sempre importante x me, ci vediamo x un pranzo? ho bisogno di confrontare idee dubbi e speranze con te. un abbraccio Giò Squids

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