accompagnando Samuele a scuola. E’ una mattina da primavera fuori corso, una giornata smontata da quella parte del calendario e rimontata alle soglie dell’inverno. Un regalo. Tutto nuvole nere e un varco difficile proprio dove sta passando il sole. Un abat jour gigantesco posato sulle case di Milano sud.
Continuo a guardare la fonte di luce, perché l’effetto che dà è talmente innaturale che non si può non notarlo. Difatti Samuele – Che bella luce – Visto che si è attivato da solo, cerco di capire fino a che punto osserva davvero le cose. Hai ragione, molto bella. Ma secondo te che cos’è che la rende così bella ?
Che viene dal basso. Giusto, che viene dal basso. E che cos’è che la fa venire dal basso ? Samuele non ci pensa su – La strada bagnata. In realtà la strada è solo umida di pioggia già caduta. Ora non piove, è tiepido e la strada è una scia di luce sulla quale le macchine viaggiano come astronavi. I fari si moltiplicano, i semafori riverberano intorno le loro scansioni temporali a colori. Esistono un mondo reale e uno riflesso sotto i nostri piedi.
E perché diciamo che ci piace la luce dal basso ? Samuele non sa dire – Non lo so, perché è bella. Gli dico soltanto E’ vero, perché è bella. E penso che non glie lo devo dire, perché l’esperienza della bellezza che ci folgora senza spiegazioni è una delle chiavi della felicità cui ogni uomo avrebbe diritto. Ci dice segretamente di un accordo profondo tra il cuore e quello che c’è intorno, tra la nostra vibrazione personale e tutto ciò che è condiviso dagli altri.
Ma per me questa folgorazione è sempre più rara. Non quella della bellezza: ma quella della bellezza che resta tale senza spiegazioni. Non ci riesco più. Non posso non pensare che la luce dal basso toglie il peso delle cose, lava le ombre della stanchezza sotto gli occhi, stacca da terra i nostri piedi, soffia sulla strada rendendola una lastra di possibilità in movimento. Ci mostra come saremmo vivi senza il peso della vita, ci fa puro spirito fluttuante, ed è per questo che sembra fermare il tempo. Non ci rende più giovani perché ci toglie le rughe dal viso: ci rende di altra natura perché ci tira fuori dal tempo. Da questo tempo.
Samuele entra a scuola correndo con la cartella che gli rimbalza sulle spalle. Più che la luce è l’età che non glie ne fa sentire il peso. Poi, sulla strada del ritorno, l’angolo tra le nubi si chiude e inizia un diluvio senza rimedio. Violentissimo, un mezzo nubifragio, anche se solo di qualche minuto. Hanno rimontato il calendario, mi sa. Attraverso lentamente sotto l’ombrello le strade e il parchetto. Mamme che corrono all’impazzata, macchine che iniziano a suonare, congestione. Bentornato a Milano, bellezza. Corse dappertutto per un buon posto in coda. Felice di essere a piedi. Arrivo fradicio. Cerco un altro paio di jeans. Giada esce con Francesca. Accendo il computer e inizio a lavorare. Come se facessi veramente parte di questo tempo.
Grazie, te l’ho già detto che mi piace un sacco quando scrivi così. E’ così magico il mondo del vivere di tutti i giorni quando lo descrivi tu. Proprio come vorrei che fosse sempre, proprio come a volte è quando ritorno bambina, quando lascio alla mia vera logica il potere, il sopravvento sulla mia età.
Questa “esperienza della bellezza che ci folgora senza spiegazioni” è quello che cerco e che voglio per i miei figli: una delle chiavi della felicità cui ogni uomo ha diritto.
Tu puoi mostrare questa chiave a tuo figlio e non solo a lui.
grazie Francesca.
che bella pagina Giovanni.
Elisabetta
L’acqua e la luce:
Don Giò,
sei un genio e Samuele, forse, un direttore della fotografia.