Un posto banale, uno come un altro. Milano nel suo quotidiano squallore. Lui ha una camicetta bianca e un golfino tenuto sulle spalle. Forse è uscito presto di mattina perché a quest’ora – sono quasi le due – non ha senso tenerlo addosso, ci sono 32 °C.  Ma lui passeggia indifferente. E’ qualche minuto che lo guardo. Va avanti e indietro, avrà circa 30 anni. Lei forse qualcosa meno. Lei adesso è nel bar. Lui chissà perché non ci è entrato. Non prende il caffè, sta fuori. Strano. Sotto il sole, con il golfino sulle spalle. Rinuncia all’aria condizionata del bar, anche solo a un bicchiere d’acqua con lei.

Attende. E siccome sto attendendo anch’io, lo guardo. Finché non spunta l’altra. Una bella donna giovane, anche lei sui 30. Spinge una carrozzella nuova nuova. Si ferma a qualche metro da lui, è qualche secondo che si guardano. Lei si porta una mano davanti alla bocca. Lui si china lievemente in avanti. E’ un’emozione veloce e sincera. Si raggiungono, si abbracciano, si baciano sulla guancia e lui le prende le mani. Guarda il bambino nella carrozzella. Forse è una bambina ma io non sento una parola e non vedo perché sono sul marciapiede di fronte.

Parlano. Parlano intensamente, veramente. Vicini vicini. Lui si porta una mano alla fronte ripetutamente in un chiaro gesto da non ci posso credere. Guarda il bambino nella carrozzella. Guarda lei. Ecco cos’ha lei: sembra quasi imbarazzata. Ha le guance arrossate adesso, è felice ma è imbarazzata. Allora mi viene il pensiero più banale. Sono due ex. Forse sono due ex. Lui tira fuori il cellulare e lei detta un numero. Un contatto ripreso così, con fame, senza pensare. Chissà di cosa parla questa fame. Chissà se è fame questa velocità automatica che si è impossessata dei due.

Un tempo passato. Lui accenna verso l’interno del bar. Lei annuisce e sorride ma non è più il sorriso di prima. L’altra parte del caffè sta là dentro, nel bar. Penso all’antistruttura. Il flashback che irrompe nel presente narrativo. Quella cosa che non può avvenire nel tempo diegetico, non può avvenire nella vita vera, che va avanti senza eccezioni. Mmh.  Eppure io ce l’ho davanti quest’irruzione del passato. La donna del presente è assente e la donna del passato è nel presente. Questo cortocircuito di cuore strada e casualità danza davanti a me. Chissà quanto tempo sono stati insieme. Chissà con chi ha fatto quel figlio, lei. Chissà se lui sente le stesse cose per la sua donna presente, quella nel bar.

E lui, lo userà quel numero che ha preso? Com’era finita quella storia per potersi rivedere con tanto entusiasmo? Lei è stata più rapida. Ha fatto un figlio, lui è ancora solo fidanzato con una che beve troppi caffè. Oppure erano solo compagni di scuola? E lei ha fatto il figlio con il suo compagno di banco, il fidanzato di sempre? Escludo alcune strade. Che lui abbia voglia di far salutare questa giovane mamma alla sua fidanzata nel bar, perché non va a chiamarla. Escludo che le due donne si conoscano. Se si conoscono, non c’è stato nulla di buono tra loro.

Ma sento un campanello dentro di me. Sento che lei potrebbe uscire a questo punto. Se è entrata per un caffè ci sta che esca più o meno adesso. Mettici che dovesse fare la pipì, sarà per quello. E sento che non voglio vederla uscire. Non voglio varcare la soglia. Non voglio sapere come gestirà lui la cosa. Se c’è un segreto, un’ombra, oppure niente. Temo. Da quello che vedo, temo. Quindi mi volto e giro oltre la siepe da strada del bar di fronte. Il guardo esclude a sufficienza. Piantumazione aree pedonali urbane. Putinie in vasi finto granito con cicche di sigarette spente alle radici. Bella città. E che gusto. Per poco il cor non si spaura.

 

0 risposte

  1. Ma dai! io avrei avuto fame di sapere il seguito. Non sarei certo riuscita a girare lo sguardo, e ancora vorrei sapere il seguito dell’incontro.
    Come vedi ci sono e aspetto di leggere i tuoi chicchi di caffè … narrativi. Mi piacciono e mi risvegliano 😉

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