Mi è capitato più volte di dirlo, in questo piccolo blog: chi fa cinema più che raccontare dei fatti, dovrebbe raccontare uno sguardo. Non parlo di ideologia – anzi – ma del naturale punto di vista che abbiamo rispetto agli eventi. E’ questo che fa la differenza tra un film che arriva solo nella testa e uno che ti prende lo stomaco: il sangue che senti scorrere nella macchina da presa. Il fatto che ogni inquadratura arrivi dalla pancia e parli alla pancia oltre che alla testa.
Qualche giorno fa ho avuto la fortuna di conoscere Francesca Fini, una filmmaker di Roma che ha lavorato e lavora per la televisione, e che ha scelto coraggiosamente di produrre quello che il cuore le dice di produrre. Senza troppi calcoli, lavorando sodo per vivere e per riuscire a portare avanti questa sua linea.
Francesca mi ha mandato un suo documentario, l’ultimo che ha girato: “Immortals”. Racconta di una clinica, in America, che riceve “pazienti deceduti”. Questi pazienti hanno versato 28.000 dollari per farsi ibernare appena morti. Il motivo ? Attendere che la scienza progredisca abbastanza per poterli riportare in vita e poterli guarire dalle eventuali patologie che li hanno condotti a morire.
Come si vede, ce n’è abbastanza per fare di tutto e di più. Non credo che avrei resistito alle tentazioni che un simile documentario offre. Dall’ironia, al sarcasmo, al giudizio, allo schieramento ideologico o religioso. Perché dai, onestamente una storia così puoi raccontarla solo perché è vera: se fosse una fiction sarebbe poco credibile. Cito alcune chicche dal suo film: un signore ha fatto ibernare il cane, ma ha scoperto che gli era rimasta in freezer l’ultima merendina (un gelato per cani). Ora è tutto contento, speranzoso di veder resuscitare l’animale, e di potergli far consumare il suo gelato che lo attende nel freezer di casa. Al disgelo vedremo. La svolta del gay che aveva promesso al suo compagno morto di AIDS di farsi cremare anche lui, di far mischiare le ceneri e disperderle insieme. Ma ora, cassettina del suo amore in braccio, ha scoperto la crio-conservazione e davvero non se la sente di tener fede a quel patto.
Francesca ha trovato una storia pazzesca. Questo può capitare a tutti. Ma bisogna essere bravi per non farsi fregare dalle buone storie. Con un tatto leggerissimo, con dolcezza, con felicità, ha girato sorridendo un documentario su un luogo estremo della nostra cultura. Ha reso dicibile quello che non si dice mai: la nostra paura di morire e di perdere chi amiamo. Se il cinema fa questo, fa esattamente ciò per cui è nato: mettere in comune, condividere le paure, le speranze, le idee. Francesca ha una qualità rara e in questo tempo davvero in disuso: la sobrietà. Senza la pretesa di rivelare chissà quali verità, senza la foga di cambiare il mondo, senza la presunzione di spiegarlo a nessuno, ha fatto un film sul senso che il nostro mondo dà al morire – e quindi al vivere – pieno di leggerezza e di forza.
Mi fa piacere aggiungere ai link amici quello del suo sito (tutto in inglese). E voglio chiudere con un indovinello: le nostre reti televisive nazionali hanno comprato “Immortals” o no ?
http://audience.withoutabox.com/users/francescafini