E’ una mattina ingannevole, con il sole che illude e un vento basso che fila per le strade e scivola nei colli senza più sciarpe. Il bar promette una tregua di schiuma calda sul caffè e di profumo di cioccolato. Lorena ci sta ancora pensando mentre il barista la serve. Un incontro importante, oggi. Non sa più bene che trigono, casa o pianeta, ma qualcosa dal cielo glie l’avrebbe servito su un piatto d’argento. Oscar delle Stelle l’aveva detto dalla radiosveglia un’ora prima.

    Probabilmente sarebbe avvenuto a pausa pranzo. Forse quel Domenico che l’aveva incuriosita da un po’. Stessa mensa, azienda diversa. Niente vera al dito. Poche parole, qualche sorriso. Educato. Guardava con scrupolo il cibo e ne sceglieva poco. Doveva cucinare bene. Non aveva niente di che, ma una sera Lorena si scoprì ad immaginarlo lì, nella sua cucina, a prepararle la cena.

    Il pensiero era partito prima. Sdraiata nella vasca con i piedi fuori dall’acqua, aveva pensato che la cosa brutta dello stare sola era non avere qualcuno che le massaggiasse i piedi. Mirko le porge il caffè e Lorena torna al presente. Si conoscono da quasi tre anni. Si informa sempre di lei. Ma stamattina comincia Lorena.

  • “Tu l’ ascolti l’oroscopo ?”
  • “Lo ascolto all’inizio, ma io sono il penultimo segno e son già distratto ai Gemelli. Tu sì?”
  • “Ogni tanto. Ma non ci credo. Cioè lo ascolto ma dopo non ci credo”.

    La porta  si apre ed entra Roberto, sessant’anni circa, imbolsito, con gli occhi pesti. Chiede un caffè ristretto con una voce da influenza furiosa. Si siede al bancone, posa il bastone e tira fuori il giornale. Pochi movimenti goffi bastano a capire quanto tenga a quel momento tutto suo. Tra dieci  minuti sarebbero cominciati l’ufficio, le sue segretarie, e oggi anche la riunione con i francesi. Dieci minuti per mettersi in un angolo e sverginare il Corriere nuovo di zecca. Lorena lo guarda un momento e beve il suo caffè, ormai la confidenza dell’oroscopo è stata interrotta.

    Roberto tossisce e medita sui titoli. Lorena torna a guardarlo. Lo fissa. Poi le scende una lacrima calda, è come se il suo corpo avesse ricordato prima di lei. Lascia la borsetta sul bancone e si avvicina a Roberto. Si ferma accanto a lui. Roberto se ne accorge.

  • “Beh ?”
  • “Buongiorno – sussurra Lorena – si ricorda di me ?”

Roberto vede i suoi dieci minuti messi a repentaglio:

  • “Ha bisogno qualcosa ?”
  • “Nove anni fa. Si ricorda ? Agosto. Lei estrasse mia madre dall’incendio di casa nostra”.

Roberto toglie gli occhiali. Rimane a fissare Lorena.

  • “Agosto 1999… – il suo viso si illumina – Viale Umbria… ?”

Lorena sorride appena.

  • “12 agosto 1999, 23.30. Lei mi gridò di spostarmi per farla passare. Portava sulla lettiga mia madre”.

Mirko non può fare a meno di fermarsi e ascoltare.

Roberto le tende la mano lentamente.

  • “Come sta signora…”
  • “Signorina… – cerca di sdrammatizzare Lorena –  Io bene. Lei… ?” – sbircia il bastone appoggiato vicino.
  • “E’ stato il mio ultimo anno da volontario della Croce Rossa. Poi mi sono fatto male io…”
  • “Mi dispiace”
  • “Macché. Scivolato sugli scogli, ho fatto un bel volo e mi sono rotto il bacino. Sua madre arrivò viva all’ospedale…”  – E rimane a guardare Lorena in attesa del finale.

Lorena scuote lievemente la testa di capelli rossi.

  • “Non mi crede nessuno ma fin da qualche giorno prima dell’incendio mi sentivo che le sarebbe successo qualcosa di brutto”.
  • “Le credo.  – la incoraggia Roberto – Quando capita a me cerco di non pensarci. Io credo molto ai sentimenti e ai presentimenti. Ma poi non li ascolto”

    Cinque minuti dopo, Lorena cammina per strada. Sole e vento freddo giocano a rendere la vita impossibile. Procede con una strana euforia verso l’ufficio, tra cose che ascolta senza credere, e cose che crede senza ascoltare.

    Lorena non l’ho mai vista. Ma Roberto era proprio lì, nel bar vicino al mio studio.  Nessuno l’ha disturbato mentre leggeva il Corriere. Ma lui era lì, per aprirmi la porta di una storia…

 

 

 

 

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