“Il mondo della percezione, ossia quello che ci è rivelato per mezzo dei sensi e dalla pratica della vita, sembra a prima vista quello che conosciamo meglio, poiché non sono necessari né strumenti né calcoli per accedervi, e in apparenza, è sufficiente, per penetrarvi, aprire gli occhi e lasciarsi vivere. Eppure questa è una falsa apparenza. (…)

    Vorrei mostrare che in larga misura noi ignoriamo un tale mondo almeno sin quando assumiamo un’attitudine pratica o utilitaria, che sono stati necessari molto tempo, molti sforzi e molta cultura per metterlo a nudo, e che uno dei meriti dell’arte e del pensiero moderni consiste nell’averci fatto riscoprire il mondo in cui viviamo ma che abbiamo sempre la tentazione di dimenticare.

    (…) Se voglio sapere cosa sia la luce, non è forse al fisico che devo rivolgermi ? (…) A cosa servirebbe consultare i nostri sensi, attardarci su quanto la nostra percezione ci insegna sui colori, sui riflessi e sulle cose che li portano, poiché, in tutta evidenza, queste sono solo apparenze e il sapere metodico dello scienziato, le sue valutazioni, i suoi esperimenti possono liberarci dalle illusioni in cui vivono i nostri sensi, facendoci così accedere all’autentica natura delle cose ? (…)

 

     Il rapporto tra percezione e scienza è lo stesso che intercorre tra apparenza e realtà. La nostra dignità risiede nel rimetterci all’intelligenza che, sola, ci farà scoprire la verità del mondo. (…)

    Non si tratta di negare o di limitare la scienza; si tratta di sapere se essa ha il diritto di negare o di escludere come illusorie tutte le ricerche che non procedono, secondo il suo metodo, per misurazioni, comparazioni, e non si concludono con leggi come quelle della fisica classica, che fanno derivare specifiche conseguenze da specifiche condizioni. Non solo una tale domanda non indica nessuna ostilità nei confronti della scienza, ma è piuttosto la scienza stessa, nei suoi sviluppi più recenti, che ci obbliga a porla, e ci invita a rispondere negativamente. (…)

    A partire dalla fine del XIX secolo, gli scienziati si sono abituati a considerare le loro leggi e le loro teorie non più come l’immagine esatta di quel che accade in natura, ma come schemi sempre più semplici dell’evento naturale, destinati a esser corretti attraverso ricerche via via più precise – a considerarle, in una parola, delle conoscenze approssimative.” 

 

Maurice Merleau-Ponty, “Conversazioni “

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