Scartabella e riordina, sposta cose con foga, lo sguardo basso, i muscoli contratti dal freddo. Azioni che si intravedono nei frammenti di luce elettrica arancione che gli piovono sul cappotto, quelli che filtrano dai rami della betulla. E’ un uomo, credo, ma non ne sono sicuro, poi c’è traffico e non guardo per molto. Ma la sua azione è chiara: mette ordine nei suoi sacchetti, chiuso in un cappotto di dieci anni fa allacciato solo con la cintura. Non ho capito cos’è che sta spostando da un sacchetto all’altro. E’ un involto rosso scuro, non riesco a vedere.
Nel frattempo il vertice della FAO comunica alla radio che ogni cinque secondi un bambino muore di fame. Poi un giornalista dice che per conto suo la FAO dovrebbe chiudere baracca e burattini perché non conclude mai niente. Quello davanti a me sta parlando animatamente con una donna seduta al suo fianco. Moglie? No, sembrano molto giovani e lui litiga con troppo vigore per essere un marito. Però magari sono fratelli e discutono su chi potrà usare la macchina sabato.
Ecco perché c’è questo macello: c’è una moto per terra, non è nemmeno arrivata l’ambulanza. Lui è lì, sdraiato, un po’ impressionante la situazione. Icona del nostro tempo in bilico su due ruote piene di vuoto, non si muove. La polizia stradale è già sul posto, forse passavano di lì perché mi dico che è strano che arrivino prima di un’ambulanza. Un’auto, quella che presumo l’abbia tamponato e sbalzato via, è ferma in mezzo alla strada, per cui si passa su una fila e mezza. Il vigile – o poliziotto stradale? Mah… – cerca chiaramente di ricostruire la situazione con l’uomo che guidava l’auto, mentre altri due stanno vicini al ferito per terra.
Nel frattempo la radio parla del processo breve. Uno dice che così la giustizia è morta. L’altro parla di difesa del cittadino. Penso all’uomo sotto l’albero, stretto dal freddo, che metteva in ordine la sua roba spostandola tra i sacchetti. Il processo breve vale anche per lui ? Anche lui dovrebbe interrogarsi, mentre cerca l’angolo per passare la notte, sui cinque secondi che passano tra un bambino e l’altro ? E quell’uomo sull’asfalto, dove stava andando? Dov’era atteso per stasera ?
Schegge centrifughe che si muovono sullo stesso pianeta. Siamo immersi nell’illusione di vivere nello stesso mondo e di avere di questo mondo la nostra opinione personale, mentre in realtà viviamo in mondi diversi, quelli che il nostro sguardo, la nostra cultura, la nostra situazione e la nostra contingenza costruiscono per noi. Nonostante tutto possiamo comunicare. Anzi direi che quello non è tanto un problema. Ma le cose che ci diciamo sono reciprocamente distoniche: capiamo le parole ma non capiamo cosa vogliono dire.
Controllo l’ora perché la circonvallazione è un inferno e non si va avanti più. Sono passati circa venti minuti e sono arrivato al semaforo. Venti minuti. Dodici al minuto. Duecentoquaranta bambini. Me l’hanno detto alla radio, ho sentito. Ma sono in un mondo troppo lontano. Posso fare questo conto. So quanto viene, ma non so quanto vale.