E’ un momento d’oro quello che è appena cominciato. Abbiamo la possibilità di osservare gratis ciò che di solito è oggetto di ricerca attenta e microscopica: la gestualità della gente che ci fa gli auguri, che ci mostra affetto, allegria, che manifesta una qualche sorta di entusiasmo natalizio. Si possono verificare molte cose e non è detto che siano banali.

    Auguri poco sinceri o poco sentiti credo che ne riceviamo e forse ne facciamo più o meno tutti, fa parte delle cose: rapporti di lavoro rapidi, che mal sopportano il contatto fisico. O peggio a volte i vicini di casa, con i quali ci mordiamo tutto il resto dell’anno ma insieme ai quali entriamo in squadra al momento di fingere che la nostra vita sia perfetta e che vada tutto bene.  Non c’è un augurio uguale all’altro. Ognuno ha un suo modo preciso di farci o di non farci gli auguri. Noi naturalmente abbiamo il nostro, diverso per ogni persona che incontriamo ma con un indelebile marchio di fabbrica.

    Possiamo capire se un augurio non è sentito osservando le azioni fisiche. Di solito commettiamo l’errore di credere che i gesti siano espressivi. (I danni di alcuni insegnanti che fanno teatro a scuola con i bambini, per quanto ben intenzionati, sono silenziosi e terribili…). Ma per quanto possa sembrare strano, sono espressivi soltanto i gesti falsi. Quelli autentici sono contenitivi.

    Quando abbiamo bloccato il respiro prima del rigore decisivo con la Francia, contenevamo l’ansia. Quando abbiamo gridato e stretto i pugni, o abbracciato qualcuno, contenevamo la gioia. Non la mostravamo. Era evidente dall’energia pulita delle nostre azioni fisiche. Nella vita normale, quando si è sinceri non si mostra mai. I bambini sono dei maestri quando giocano. La loro gestulità è tesa e perfetta: in-tenzione / in-tensione. Usano i muscoli che servono a compiere quell’azione, e nient’altro. Niente a che vedere con quando frignano e non vogliono andare a scuola, con i loro finti malanni. Allora si tradiscono, e iniziano a compiere gesti espressivi.

    Non possiamo vedere gli oggetti che abbiamo intorno, vediamo soltanto la luce che vi si riflette sopra. La stessa cosa è per le emozioni altrui: non possiamo vederle, possiamo solo dedurle dalle loro azioni fisiche, anche dalle più piccole. Dal respiro, dalla tensione nelle spalle, non parliamo dello sguardo. Questa è la quotidianità del lavoro di un attore. A volte certi silenzi, certo farsi da parte, hanno in sé una forza asciutta e lucente come la verità. Quando invece ci rendiamo conto che il contenitore del gesto di chi ci sta abbracciando, sorridendo, baciando, salutando con la mano, è eccessivo rispetto all’energia che di fatto contiene, è meglio mettersi di fianco al nostro interlocutore: potrebbe spuntargli un naso chilometrico, e nessuno può dire a che velocità!

 

     

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