Cammino con Francesca nel parchetto davanti a casa. Stiamo andando al nido estivo, dove passerà la sua giornata. L’aspettano cose precise che già conosce, un percorso avventuroso e tranquillo fatto di compagni, di giochi, di pranzo e di nanna.  Mentre attraversiamo il vialetto del parco ci accorgiamo  dell’anomalia: un albero è caduto, probabilmente durante la notte. E’ del tutto evidente che non sia stato tagliato, perché la caduta è selvaggia, la spaccatura del tronco scomposta.

    Il vialetto è interrotto,  e la cima dell’albero ha violentemente frustato cadendo la panchina davanti alle altalene. Dall’altra parte delle fronde si intravedono altre persone. Quasi tutte con bambini. Un uomo con giornale sotto braccio e chiavi della macchina in mano, si è fermato a guardare. Ha un giubbotto di renna e una camicia bianca. Ha l’eleganza della vita d’ufficio, e ha ancora addosso il saluto della moglie sulla porta. E rimane a guardare l’albero. Come noi, come me.

    Il primo uomo che vide piovere non poteva immaginare di cosa si trattasse. Però con il tempo avrà collegato le cose, e avrà stabilito che ogni volta che vedeva piovere, la terra era bagnata. Una notte quest’uomo sarà andato a letto con il cielo stellato, e si sarà svegliato la mattina dopo con la terra bagnata e senza pioggia. E avrà compiuto un’operazione complessa: avrà ricostruito. Avrà pensato che nel tempo del suo sonno doveva aver piovuto. C’è qualcosa di quell’uomo negli astanti. Bloccati e stupiti, tutti proviamo silenziosamente a capire cosa possa essere accaduto. Come fa un albero a cadere in un parco così, senza un temporale a giustificarlo, senza una causa evidente ?

    Ma davanti agli occhi di tutti, con i bambini per mano e nei passeggini, sta anche un’evidente paura. Oltre a ricostruire facciamo mute ipotesi fin troppo evidenti: la possibile catastrofe, le persone della nostra vita quotidiana che sono tutte passate lì davanti, dove adesso è distesa l’enormità dei rami e delle fronde. Mille volte noi stessi con i bambini che sono lì e che trovano la cosa semplicemente bizzarra. Ecco un esempio perfetto – ho pensato – di evento interno più forte dell’evento esterno. Francesca mi guarda: “E adesso da dove passiamo ?” – “Di là”. Giro il passeggino e lei rassicurata: “Potere di Flora !” (una delle Winx).

    Girando intorno ho l’occasione di guardare gli altri, che stavano dall’altra parte. E ho capito che era lì, fortissimo, evidente, davanti a noi: quello che non era accaduto. 

     

   

0 risposte

  1. ciao, come mai sei ricomparso? l’urgenza dell’evento accaduto ti ha strappato dal lavoro?
    ti mancavano i tuoi “spunti”?
    anche a me…aspetto il prossimo
    ciao

  2. sì, dimenticavo di parlartene, tra le altre cose. Ho visto Once. Se ti capita mi piacerebbe una delle tue lectio sul film (che a me è piaciuto molto… essenziale direi. O no? Con te devo imparare a dire pochissimo… ;o)
    E.

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