Nel giro di pochi giorni terremoto e guerra. Nucleare e petrolio. Energia. Sia in un caso che nell’altro si scatenano conflitti. Se c’è una cosa utile nei conflitti è che si fanno chiare le ragioni dell’uno e dell’altro. Quindi adesso come non mai sarebbe il momento buono per capire. Da cittadino comune mi informo e sento come posso, ma ho sempre la sensazione di non capire bene. Di non capire veramente. Perché sarà che sono tardo ma mi sembra che le parole che dovrebbero essere usate per dire vengano usate per confondere.

Faccio un passo indietro rispetto ai disegni macroeconomici e politici e rimango a considerare il problema dell’energia. Di queste due strade sbagliate – a mio parere – che abbiamo preso a livello planetario. Nel caso del petrolio abbiamo scelto di consumare ciò che non si può riprodurre, nel caso del nucleare di produrre scorie che non potranno mai essere eliminate. Mi domando cos’abbiano in comune queste due scelte e mi sembra di vedere che entrambe escludano il futuro. Puro presente.

Posso utilizzare solo le categorie di pensiero che conosco per riflettere sulla cosa. E mi dico che le azioni sono mosse da desideri, come per i personaggi. Credo che le azioni del nucleare e del petrolio non siano dettate dal desiderio di risolvere il problema dell’energia, è fin troppo evidente. Perché sarebbero azioni incongruenti. Dovremmo riparlare dei desideri. Di questo sistema che non si riesce a frenare (non vi suole frenare?). Che cosa vogliamo veramente, non che cosa crediamo superficialmente di volere.

Fa parte del ciclo della vita dell’uomo. Dopo una certa età, in un percorso di maturazione completo pare compaia la voglia di restituire. E’ un momento fantastico perché significa aver tanto ricevuto, averlo capito, essere ancora in condizioni di agire e  di poterlo fare con esperienza. E aver accettato di essere di passaggio, aver voglia di compiere questo servizio al mondo che in realtà è il nostro momento più alto: restituire alla terra quello che abbiamo ricevuto e rielaborato, riorganizzato.

Esiste un modo più forte per definire la nostra identità che restituire al mondo il nostro sguardo frutto dell’esperienza e della passione della nostra vita? Ora guardo le centrali giapponesi e le bombe in Libia e mi sembra che l’azione sia ancora prendere. Ancora un’azione a senso unico, ancora un’azione infantile. Bambini. Oltretutto, bambini impauriti e sfiduciati. Il paradosso è che quest’immaturità ci rende inabili a fare proprio quel che vorremmo fare: prendere, appunto. Siamo nel mezzo di un sistema naturale che ci offre energia in tutte le forme possibili. Siamo arrivati a poterle utilizzare. Ma non le prendiamo. Ci limitiamo e fissiamo su quel che sappiamo fare nella narcisistica e patetica idea di produrci da noi la nostra autonomia. Oltre a quella economica, c’è secondo me anche la ragione della paura.

Affidarci al vento. Affidarci al sole. All’acqua. Si è visto che è tutt’altro che un’astratta poesia. Ma la parola difficile  da digerire per noi è affidarci. Non siamo cresciuti abbastanza. Non abbiamo capito che abitiamo il mondo e il mondo pensa a noi. Che dipendiamo dalla terra e che la terra ci offre quello che ci serve. Questi conflitti che vedo, quindi, rendono chiare le istanze profonde dei contendenti. La fame di potere che deriva dalla paura di non averne. I leader sono tutti molto spaventati. Basta guardare le loro facce nelle fotografie. Tutti. Americani, arabi, europei. Uomini e donne. Naturali e liftati. Tutti spaventati a morte.

Un bicchier d’acqua e una bella giornata: bisognerebbe ripartire da lì. Sentire come ci fa bene un bicchiere d’acqua e com’è bello il vento che ci passa addosso. Lo sentiamo bello perché ci somiglia. Romanticismo? Mi piacerebbe, invece temo sia l’unica scelta anche a livello economico e politico. Imparare a ricevere. E restituire.

0 risposte

  1. Attraversi i fatti più bui di questi giorni, sfiori tante sponde e su ognuna lasci un po’ di luce. Voglio venirci anch’io, insieme.

    So che le tragedie non mutano, ma le parole che scrivi sono parole vere, di speranza per un domani più saggio e più buono.

    “..bisognerebbe ripartire da lì”. ….”ri-partire”, è anche abbandonare ( luogo, potere, il superfluo.. ) forse è il limite, forse un miraggio. Ma tu continua a seminare!

    il papà

  2. sai quanto desideravo che mi passase addoso il maestrale e la tramontana che sogliono flagellare le coste della Sardegna quando mi trovavo a Abidjan a 5° dall’equatore!!
    mare sole e vento… che ricchezza eterna!
    petrolio nucleare i… dittatori della natura cui s’inchina l’uomo mi fanno pensare a saddam hussein, hissen habré, mouhamed Kadd.. e a quelli che fanno come le scimmie con l’uomo!

  3. C’è un aspetto che non viene ricordato a sufficienza: il risparmio. Non ci viene mai detto che è stato stimato un fabbisogno energetico 5 volte superiore al reale, ottima scusa per presentare le centrali nucleari come inevitabili. Quando si afferma che il solare e l’eolico non bastano al fabbisogno si parla di fabbisogno gonfiato. Inoltre il risparmio confligge con il mercato. il business energetico non accetta i limiti che ci sovrastano, per questo si pensa solo al presente. Progettare il futuro questo sistema basato sul capitale non sa farlo, perchè introdurrebbe limiti al dio mercato, che non accetta limiti.

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