Quando passeggiavo lungo i corridoi delle cliniche con i miei figli appena nati, ancora addormentati fra le mie braccia – a cinque anni di distanza l’uno dall’altra – ho fatto la stessa cosa con entrambi: ho cantato sottovoce Aguas de março. E’ la canzone che ho amato, ascoltato e cantato di più nella mia vita e sapevo che sarebbe stata la prima cosa che i miei figli avrebbero sentito. Così fu e per diversi anni sarebbe stata la loro ninna nanna. Ma anche la fonte di emozioni continue e profonde per me. Una specie di spazio magico per mettermi in contatto con il mio senso di gratitudine nei confronti della vita. Pochi giorni fa mi è venuto in mente di cercare se ne esistesse una versione filmata su youtube. Naturalmente il filmato esiste ed esiste in più versioni. Porta i segni del tempo ma questo video è davvero speciale e se possibile aggiunge a tanta bellezza altra bellezza.

Possiamo vederla e sentirla insieme, QUI.

Già da prima che inizino a cantare, Elis e Tom sono pura azione. Si guardano e si ascoltano. Stanno creando il mondo all’interno del quale la canzone potrà esistere. Preparano insieme l’utero nel quale questa creatura nascerà, sono in un mondo a parte e sentiamo che fra loro sarebbe impossibile intromettersi. Gli applausi non li toccano. Sono lì e basta: Elis con il microfono, Tom con il flauto. Tom le dà la nota e lei la prende reagendo con due impulsi che partono dai piedi e attraversano tutto il corpo. Al terzo impulso leggero, il movimento di Elis diventa parola e musica: è pau, è pedra, è o fim do caminho. Quando la regia stacca sul primo piano di lei, possiamo vedere da vicino l’azione fisica che sta compiendo. Gli occhi prendono la strada da Tom. Il corpo comincia a vivere, a farsi abitare dalla musica e questo passaggio è straordinario. E’ il miracolo che l’uomo può arrivare a compiere: non la Parola che si fa carne ma la carne che si fa parole e musica. Qui lo possiamo vedere in tutta la sua grandezza: il canto che sgorga dal movimento di Elis, così connesso alla terra.

Elis lascia passare la musica nelle spalle, che prendono a seguirne il movimento. Non sono movimenti che fa: sono movimenti che le sfuggono. Quello che fa lei è guardare Tom. Ha un perno fisico, una focalizzazione che tiene con una disciplina da militare. Non stacca gli occhi da lui, non interrompe il flusso. Un rigore assoluto nella semplicità e nella verità dell’azione che sta compiendo. E la disciplina fa sì che la vita possa scorrere e fluire. Il suo corpo viene agito dalla musica e il suo sguardo tiene l’azione di profondità. Il perno che solleva il mondo. Il baricentro.

Ora Tom smette di suonare e risponde a Elis con la voce. E il suo fisico è quasi contratto. Solo il braccio destro lo aiuta nell’esecuzione. E’ un animale diverso, non è come lei. Il suo baricentro è l’esecuzione. E’ la musica. Sono le parole. Il suo punto di focalizzazione è lì. Nasce il triangolo meraviglioso. Lui è focalizzato su musica e parole, lei è focalizzata su di lui e lascia che la sua musica la abiti e la muova. E’ o vento ventando, è o fim da ladeira (E’ il vento che soffia, è la fine della discesa). Elis prende il volo sempre di più e la cosa che cominciamo a vedere chiaramente è un nuovo territorio della disciplina. L’estrema felicità. La felicità sensuale e leggera di Elis che nasce dal suo essere in profondo contatto con se stessa. Questo è talento puro: Elis e Tom non permettono a nessuna regola – né ritmo né melodia né palcoscenico – di separarli dalla loro energia. E vivono in pienezza la loro energia senza separarsi dalla strada segnata. Sanno… sacrificarsi nel vero senso di questa parola, che è rendere sacro (non stare male per forza, ma fare spazio a ciò che deve essere sacro togliendo ogni forma di superfluo).

Rimango a guardarli rapito e penso alla loro capacità di inserire la parola energia all’interno della parola forma, la parola vita all’interno della parola costruzione. Al talento con il quale trasformano la regola assoluta in regola del gioco. Penso che mi stiano indicando un altro modo di amare. Anche se stessi intendo.  Ora guardo Tom: il suo sacrificio meraviglioso nel primo piano che risponde a quello su Elis. La fronte. In quei movimenti sta tutto il controllo mentale che Tom sta esercitando sulla partitura. Un controllo che non gli toglie dolcezza leggerezza e sorriso. Il suo corpo è teso nell’esecuzione pura. Il resto via.

Poi iniziano le risate. Prima un accenno poi sempre di più. E sono risate vere e che vivono all’interno della necessità del ritmo e della musica. Una felicità che nasce da dentro e che mi mostra un altro luminosissimo orizzonte: la capacità di contenere l’emozione. Non di negarla, non di reprimerla, né viceversa di cederle un timone cieco. Contenere l’emozione nel senso di sapere che c’è e di controllarne il flusso. Essere liberi di viverla, di farla vivere e di contenerla nella partitura della canzone, del film o della vita. Adesso inizia la parte dialogata. Mezza frase a testa. E pure mimica, sorrisi, ammiccamenti. Ormai la strada è segnata e anche questo passaggio così difficile risplende di felicità. Ritmo e musica con le loro regole sono ormai digeriti e diventano sangue che scorre e respiro. Qui in questo punto più che negli altri, secondo me, esce la qualità fisica profonda che hanno raggiunto: la compostezza. Padroni di se stessi e completamente liberi.

Nessun compiacimento, solo piacere. Guardate che cos’è questo finale. Mi viene in mente Peter Brook:  tenersi forte e lasciarsi andare con dolcezza.

Chi volesse leggere il testo in italiano, può farlo QUI.

0 risposte

  1. Ho passato così tanto tempo immerso nel profondo di quest’acqua, del sorriso tagliente e luminoso di Elis, che ho sentito il bisogno di esprimere qualcosa che somigliasse a una sua traduzione, ho commesso un peccato di vanità, oltre che un reato.
    Chiedo scusa a tutti

    http://canzoni.weebly.com/

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