Girare per la Paolo Grassi in questi giorni costituisce un’esperienza quasi irreale. Aule vuote, corridoi deserti. Allievi che si organizzano come possono per non buttare via del tutto questo tempo. Gli allievi di una scuola così non arrivano da Milano, arrivano da tutta Italia. Sopportano dei costi per vivere qui, spesso per loro non è facile. E diciamocelo chiaramente: aprire un’indagine sulla Fondazione Milano a settembre significa di fatto sgretolare il calendario didattico che avrebbe già dovuto partire ed è invece fermo al palo, se l’indagine comporta lo stop alla didattica. Significa che così oltre che i docenti la pagano gli allievi.

Non c’è un bel clima. I ragazzi vedono passare i giorni con sempre maggiori domande sulla loro formazione, i docenti vedono assottigliarsi la possibilità di costruire il proprio percorso didattico in modo congruo. Quello che ho visto sulle facce degli allievi che ti chiedono cosa succederà come se tu potessi saperlo, parlare con gli altri docenti, con le segreterie, ti fa sentire il clima di timore ma anche di disillusione che c’è. Quasi increduli, siamo fermi.

Eppure credo – e siamo in molti a pensarlo – che questo sacrificio vada fatto. In gioco c’è la possibilità di un cambiamento e questo è un momento di ridefinizione storico non solo della Paolo Grassi e della Scuola del Cinema, ma forse anche del rapporto tra la Cultura, i cittadini e le Istituzioni. Non so se qualcuno si sia fatto la villa o lo yacht con i soldi scomparsi. Forse sì, forse no. Non è che mi interessi granché. Di questo momento sento di più lo stop. Forse perché banalmente vedere la Scuola così è surreale, oppure perché quando ti tolgono qualcosa capisci quanto vale. Non ce ne sarebbe bisogno in questo caso, ma tant’è: questo frangente mi fa chiedere ancora più profondamente che cosa rappresenti insegnare cinema per me.

Chi desiderasse saperne di più, può documentarsi leggendo qua.

 

0 risposte

  1. Si avverte la vostra preoccupazione e la si comprende, vorrei riuscire a farvi arrivare un po’ della determinazione a fare bene che riesce a comunicare chi ha preso in mano questo delicato garbuglio, ben sapendo che non si tratta solo di carte e quattrini, ma anche di impegno, storie, persone.
    Coraggio.
    Anna

  2. La determinazione a fare bene è chiarissima e arriva, grazie Anna. Il timore adesso è dato dalla consapevolezza del fatto che si può morire anche sotto il fuoco amico. Ma non sarà così. Buon lavoro.

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