Okay, supponiamo che la scena sia così. Lui ha visto le foto del tradimento di lei, ma non le dice nulla. Cenano e lei racconta del suo lavoro. Lui le versa da bere, annuisce a ogni frase, chiede. Sorride spesso. Va bene. Però dentro ha l’inferno. Dove mettiamo la rabbia? Dove agiamo il suo desiderio di ammazzarla?
Ho usato molto il collo delle donne. Lo faccio tuttora quando lavoro con gli attori. Mettiamo questa scena a tavola, per esempio. Prendi la bottiglia, solo alla base, senza sollevarla dal tavolo. Tra pollice e medio, la senti? Okay, ora il pollice e il medio esplorano l’etichetta, il vetro. E’ il collo di lei, la senti? E la strangoli. Sta tutto in questa azione di pollice e medio. La sceneggiatura lasciala andare, che è già chiara così. Non c’è bisogno che ti emozioni. Sono io che pago per vederti al cinema, devo emozionarmi io. Fai tutta la scena agendo pollice e medio sulla superficie della bottiglia.
Strangolare è un’azione primaria, per questo funziona così bene nell’acting. Strangolare è togliere l’aria e zittire ogni parola. L’inconscio non conosce azioni sofisticate. L’inconscio uccide, scopa, colpisce. Eros e Tanatos, il resto è cultura, idee sulla vita più o meno lontane dalla vita.
Metti che però devi fare questo film. Questo che ieri e infinite altre volte è stata la vita vera. Metti che devi far recitare a un attore l’azione di strangolare la donna che ama. Che crede di amare, forse. As if, come si fa con la bottiglia. Stringila come se. Come se cosa? Se il collo è davvero un collo, come lo stringi?
Il collo è caldo, morbido, pulsa, va in tensione. Il collo è sensuale, quando esce la voce puoi sentirlo vibrare se lo stringi. E’ vita allo stato puro. Quando devo aiutare un attore cerco sempre dentro di me, nel mio corpo, le risposte per arrivare a un’indicazione concreta. Non so mai dire perché mi vengano le immagini che mi vengono, non so mai se funzioneranno. Ma vedo la faccia di Nadia Orlando e penso a che cosa stringe un uomo quando stringe quella gola.
Se dovessi dirigere questa scena direi all’attore che il collo di Nadia è di sabbia. Prendi la sabbia, stringila. Più la stringi più il collo vibra più la sabbia ti sfugge. Riprendi la sabbia e ristringila. Prendi quella voce che esce, prendi quelle parole che escono e che vuoi fermare.
Chi strangola vuole prendere il respiro e le parole. Stringe quel che non si può stringere. San Francesco: il contrario dell’amore non è l’odio, è il possesso. Ecco. Il vero problema è la paura di perdere, che ci può passare solo quando capiamo che non abbiamo mai avuto. E’ tutto un regalo sempre. La tua fidanzata, quella sera, il fatto che sia lì con te, il fatto che ti parli. Tutto un mondo che può finire per un’infinità di inezie.
Non ci sono vie di mezzo: o ringrazi o strangoli. O vivi il regalo di ogni secondo, o hai paura che ti venga portato via. Quando possiedo penso di avere dei diritti, quando sono grato penso di avere dei doni.
Il ragazzo di Nadia ha detto che si vergogna ad incontrare i propri genitori dopo quello che ha fatto. Okay, facciamo anche questa scena. Tu sei in stato di fermo e i tuoi genitori arrivano nel cuore della notte. Sanno tutto. Entrano e sono davanti a te. Non hai battute. Trasformiamo la vergogna di cui parla il fidanzato in uno stato fisico. Ci entro e sento che la mascella si serra. Inizio a deglutire. La voce è sprofondata non saprei più dove. In casi come questo mi viene spesso di dire agli attori di recitare la scena a polmoni vuoti e senza respirare. Finché non ce la fanno. Il corpo sa. Deglutisco e rimango senz’aria. E poi mi trovo a pensare che questo forse è proprio quello che è successo a Nadia.
E poi mi dico di sì, perché ognuno di noi realizza intorno a sé la ferita che ha dentro. Quindi anche lui fa così. Stringe qualcosa di lei che non riesce a prendere, poi vaga di notte e senza meta con lei morta in macchina e alla fine si consegna al più istituzionale dei padri: la polizia stradale. Ora è preoccupato per il giudizio dei suoi. Non per il dolore dei genitori di lei. Verso chi ci giudica sviluppiamo il nostro senso di colpa, verso chi abbiamo colpito dovrebbe attivarsi il nostro senso di responsabilità. Il nostro essere adulti.
Siamo più disperati e soli che cattivi. Ma solitudine e disperazione sono pericolosissime. A mia figlia oggi sento di dire che le dita che stringono il collo cominciano molto prima dei polpastrelli. Se senti che ti viene tolto il fiato, vai via. Il fiato serve per vivere e se uno te lo toglie non ti ama. Se senti che ti viene tolta la parola, vai via. La tua parola è il tuo pensiero che viene al mondo e se uno ti mette a tacere ti sta già uccidendo. Se senti che lui vuole stringere la tua vita, vai via. Non può finire bene. Il cambiamento viene dall’interno, quindi non pensare che sarai tu a cambiarlo.
Il lavoro con gli attori può essere importante anche nella vita normale. E’ una tecnica semplice: mi tocca come se… mi bacia come se…. mi parla come se… mi sta a sentire come se… Fidati del tuo corpo. La sa molto più lunga di te. E vuole vivere.