C’è un film giovanissimo, femminile, italiano, che verrà proiettato nella sezione “Venice Film Meeting” al Festival di Venezia il prossimo 6 settembre. E’ “Giro di Giostra” di Samantha Casella. Un film che ho avuto la possibilità di vedere quasi in antemprima e di cui mi sembra interessante parlare.

    La vicenda narra di un giovane attore teatrale che si trova alle soglie del grande successo televisivo, vive in una casa lussuosa e incombente con madre, zio e sorella. Quest’ultima nutre per lui un’incontenibile e insana passione. Passione che a sua volta il giovane protagonista riversa su Alexa, presenza misteriosa conosciuta in chat anni prima. Un caro amico accompagna la sua vita, ma tra i due le distanze aumentano sempre più: punti di vista, emozioni, modi di intendere e vivere la vita.

    Quasi tutto ciò che ho letto in rete su questo film pare evidenziare come elemento portante l’affinità tra il giovane attore e il principe Myskin, l’Idiota di Dostoevskij. Myskin è in effetti il nick name del protagonista del film. In ogni caso, la radiografia non verterà su questo ma su ciò che a mio avviso è centrale: la relazione che esiste tra tema e linguaggio.

    Lo spettacolo (ogni spettacolo, ma innanzitutto quello che mette in scena il nostro protagonista) è il luogo della rappresentazione, e anche la chat in qualche modo lo è: le parole che si scrivono dicono di noi ma non sono noi. Possono essere usate per dire ma anche per nascondere. Per comunicare ma anche per mentire. Insomma rappresentano noi come vogliamo essere visti. E questa rappresentazione mai come oggi si è sostituita alla presenza. Sartre diceva che la vita o si vive o si racconta. Samantha ci porta in un labirinto invisibile nel quale la vita o si vive o si rappresenta. Questo film è il lungo, tormentato, lento, insidioso percorso che un giovane compie a partire dalla rappresentazione di sé, delle proprie idee, della propria storia personale, fino alla presenza della vita vera che si dà interamente ad ogni respiro. Nel puro presente. Nell’incontro. Non nella vita virtuale ma in quella virtuosa delle relazioni autentiche.

    La madre e lo zio non fanno altro che leggere. Testi teologici soprattutto, ma in ogni caso di altissimo livello. Nessun contatto fisico, nessuna emozione. Un’ aleggiante ambiguità nella relazione tra madre e zio, cui fa da specchio alla fine quella tra fratello e sorella. Cosa fa un bambino che non è mai stato accarezzato ? Che non ha mai avuto un abbraccio, un bacio, una vita fisica a contatto con il corpo della mamma e del papà ? Ama Alexa, disincarnata sequenza di parole su un monitor. Alexa che per anni si nega all’incontro trincerandosi dietro la rappresentazione di sé, e che quindi rassicura il nostro eroe dai rischi del contatto e dell’incontro.

    Così il film scorre dipanandosi attraverso una lingua controllatissima. Apparentemente estetica, in realtà molto etica. Samantha ci immerge in un torbido acquario, nel quale la macchina si muove con estremo rigore e ragionamento. Il materiale magmatico, emotivo, persino morboso del film, è arginato,  dominato, organizzato da una lingua severa nonostante la musica abbondante. Intanto che la storia ci trasporta in questo viaggio dalla rappresentazione alla presenza, Samantha non fa che osservare quasi da fuori, con un ritmo che sottomette a se stesso qualunque sbalzo emotivo, i fatti che racconta. La lingua posiziona il narratore, il pubblico, e conferisce senso agli eventi.

    Mi piacerebbe vedere più spesso film italiani così consapevoli. E’ bello vedere l’integrità di chi sta raccontando una storia terribile, che non diventa mai giudizio su ciò che sta raccontando. E’ bello veder usare una lingua molto precisa e specifica per narrare una storia davvero universale: quella dell’uomo che non riesce più a prendere contatto con la realtà e quindi nemmeno con la verità di se stesso, ma rimane avvolto per tutta la vita in un lenzuolo di simulacri e di immagini. Purtroppo spesso si assiste a film che usano una lingua stereotipata in tutto il mondo per raccontare vicende assolutamente private e di scarso interesse per la comunità.

    Infine certo… il film di Samantha secondo me ha anche dei difetti. Ma quando il film di una persona così giovane (Samantha è nata nel 1976) contiene così tanto valore, non ha senso parlare dei difetti in pubblico. Il film di Samantha è una bella notizia per il nostro cinema. Forse, qualcosa sta cambiando…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *