Come il corpo della bimba espellerà la spina quando sarà pronto a farlo, così la terra espellerà gli alieni. Infiltrati sotto il terreno con le loro astronavi da milioni di anni, come infiltrata nella carne è la scheggia, vivranno il loro momento di conclamazione per poi morire. Torno indietro di qualche minuto. Siamo nel cuore della prima unità del primo atto. Tom Cruise torna a casa dal lavoro, dove lo attendono la ex moglie con il suo nuovo compagno, e i due figli che gli verranno affidati per questo imprevedibile week end.
Quando i due figli si trovano finalmente in casa del padre, cogliamo la loro relazione profonda: estranei. Non solo perché estranei fra loro come persone, ma perché reciprocamente estranei al proprio ruolo. Tom Cruise non ha nessuna intenzione di essere un padre, e loro possono casomai riconoscersi fratelli di quest’uomo così irresponsabile e immaturo. In altre parole: alieni.
Il terzo livello narrativo si apre nel cuore di Cruise, con un meccanismo narrativo particolare. E’ nel giardino di casa e sta giocando con la palla da baseball insieme al figlio, che però non ha voglia di giocare con lui. Anzi, a dispetto del piano fisico di gioco, i due stanno litigando. Finché la cosa arriva a un picco, e il figlio lascia sfilare la palla che il padre gli ha lanciato facendola finire in piena finestra. Il ragazzo guarda Cruise con tono di sfida, divertito. E se ne va. La figlia piccola guarda il padre sconsolato e gli dice: “Così non lo conquisterai mai”. E’ la breccia aperta nel cuore del protagonista, che nel corso del primo atto spesso viene dichiarata da un altro personaggio, esce in un dialogo, in una battuta.
In altre parole. Il primo atto spesso è un tempo della vita nel quale il protagonista è inconsapevole del vero problema che ha dentro. Qualcuno prova a dirglielo ma lui non è in grado di capirlo. Siamo in grado noi, però, da fuori. E questo ci posiziona correttamente nel suo cammino intimo. Una specie di dichiarazione.
Cruise seccato se ne va in casa, si chiude in camera, abbassa la tendina della finestra e si mette a dormire. Spielberg ci sta dicendo: è estraneo anche a se stesso, alieno al proprio cuore, che una bambina è in grado di conoscere e decifrare meglio di lui. E fa quello che fa un adolescente, non un adulto. Va in camera sua e si chiude dentro. Ecco chiuso il terzo cerchio narrativo che si effonde dalla storia principale.
Del resto, non è forse vero che nella vita ci vengono dette delle cose di noi che non capiamo e che per gli altri, da fuori, sembrano chiarissime ?
Tuttavia, è vero che il film resta piccolo. Perché questo progetto così ponderato sui nessi tra storia principale e sottostorie non è sufficiente. In realtà la battaglia contro gli alieni è una lunga fuga tutta abbastanza uguale. Con alcuni momenti di inspiegabile ripetitività. Ma soprattutto perché l’assetto del film dovrebbe fluire in questo senso: la situazione esterna spinge Cruise a modificare qualcosa dentro di sé, il che lo porta a modificare le sue relazioni, il che lo porta ad essere finalmente in grado di risolvere il problema principale della storia.
Ma gli eventi non vanno così, e alla chiusura del cerchio nella storia familiare e intima, non corrisponde una chiusura del cerchio nella storia principale. Dove si vince senza aver mai combattuto. E’ vero che il protagonista è cambiato, ma questo cambiamento non illumina la vicenda principale. C’è uno scollamento fatale tra le due cose, per cui tentare di introdurre una progressione psicologica all’interno di una battaglia spropositata tra umani e alieni non ha funzionato pienamente.
Questo è il motivo per cui, credo, molti amici mi hanno detto male di questo film. Concordo con loro ma non nel senso che il film sia solo banale. E’ una scommessa ben condotta e difficile. Semplicemente non vinta fino in fondo.
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