Cappuccetto Verde

Il momento che amo di più di Cappuccetto Rosso è quando la bimba si stupisce dell’aspetto della nonna. Che mani grandi hai… che occhi grandi hai… che bocca grande hai… E tuttavia, prima, sempre quel “Nonna…”

Nonna indica un grado relazionale più che un’identità. Quando ti chiamo così ti definisco per ciò che sei rispetto a me, non per ciò che sei in te stessa. Cappuccetto Rosso coglie le differenze tra quell’essere così strano e l’aspetto che la nonna ha sempre avuto. Non dice Che mani brutte hai, dice solo grandi. Grandi per essere quelle di mia nonna. Così come gli occhi. Così come la bocca. Non sei più la nonna che conoscevo io.

Ho pensato a Cappuccetto Rosso appena ho visto la foto di Silvia Romano. 

L’ Italia/Mamma pensa: glie l’avevamo detto di non percorrere la via della cooperante in Kenya. Disobbedendo ha incontrato il Lupo. Che l’ha rapita, forse stuprata, forse messa incinta. Forse condizionata nella mente e nello spirito. E adesso ecco cosa ne è di lei: è diventata una di loro. Una dei lupi. La sua trasformazione visivamente è una trasfigurazione: Cappuccetto Verde.

E chi paga per questo? Noi, la Madre (Patria). Con un salato riscatto che il Lupo ha già dichiarato di voler utilizzare per comprare altre armi (forse proprio da noi). In questo, una parte di Italia/Mamma si sente anche Italia/Cacciatore, cioè sente di aver rischiato e pagato del proprio per liberare Cappuccetto Verde.

Non entro in questioni politiche e di Intelligence – sono fondamentali nella lettura della vicenda, ma non ne ho le competenze.

Rifletto solo sul fatto che la nonna è la mamma della mamma. È la radice. Mi sono sempre chiesto perché la nonna abitasse così lontana dalla mamma, perché Cappuccetto Rosso dovesse percorrere una strada che per quanto diversa da quella del bosco sarebbe comunque stata così lunga.

La mamma che manda cibo alla nonna è la vita che nutre se stessa chiudendo il cerchio della gratitudine. La mamma è stata nutrita e ora restituisce. Per Cappuccetto Rosso è quindi un viaggio verso le radici e verso l’essenza del dono della vita. A lei non sta scegliere se compierlo o meno, perché è una bambina e può solo ubbidire alla mamma. Ma può scegliere il come. Il come è la zona di libertà, è la variante che ognuno di noi sceglie di sentire nella vita.

Cappuccetto Rosso può scegliere per dove passare, chi frequentare nel suo percorso, quali situazioni incontrare per sé. Ecco spiegata la distanza tra le case. La vita concede a Cappuccetto Rosso di uscire dal campo visivo della legge materna e di poter andare fuori strada, di passare alla guida del proprio convoglio per decidere la rotta.

Per alcuni di noi andare alla radice, andare dalla nonna, significa passare dal bosco, dalla strada non consentita e oscura. Essere spaventati, rapiti, subire violenza. Essere salvati da altri a loro spese. Lontani dal buon senso alla ricerca del senso buono delle cose.

Rispetto alla legge Cappuccetto Rosso è colpevole. Rispetto al senso del viaggio Cappuccetto Rosso è cresciuta. Ha conosciuto il male. Ha imparato più di quanto il rispetto della legge non le avrebbe consentito di imparare. Del resto la legge serve ad arginare il male, non a sviluppare la vita.

Ma è a questo punto che la nostra vicenda con Silvia Romano rimescola le carte in modo narrativamente meraviglioso e socialmente pericoloso.

Molti media vociano allibiti: Che mantello verde hai… Che pancia grande hai… Che fede assurda hai… Siamo la Madre da cui Cappuccetto Rosso ritorna ma ci stiamo ponendo su di lei le stesse domande che Cappuccetto Rosso si era posta sulla nonna. Sono domande mosse dal disorientamento e dalla paura. Dalla forbice che si spalanca tra ciò che Cappuccetto Rosso è sempre stata per noi e ciò che Cappuccetto Rosso è diventata per sé.

Finché considereremo Silvia Romano in rapporto a ciò che era per noi, la faremo transitare dal sequestro del corpo a quello del confronto. È lo sguardo di molta stampa che non vedeva l’ora di sbranarla. E allora sì, la vediamo finalmente come preda. Perché il punto di vista del Lupo ci mancava. Eravamo pronti a riaccogliere la nostra figlia dispersa e a perdonarla, ma che si presentasse convertita e felice è un doppio colpo alla logica della storia. Vediamo Cappuccetto Rosso ed è diventata Cappuccetto Verde. E ci ritroviamo lupi daltonici e confusi.

Ben venga questa confusione, perché Silvia Romano non è libera di essere nostra. È libera di essere se stessa, qualunque cosa questo se stessa significhi.
Abbiamo appreso della liberazione di Silvia Romano.
Non abbiamo ancora capito che è libera.

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