Pensando ancora a The Company, mi è venuta in mente una storia araba, molto antica, che avevo sentito raccontare. Credo che spieghi ancora meglio il senso di questa bellezza che produciamo attraverso la nostra fatica, e che non cogliamo dall’interno ma che viene offerta in dono, ad altri che magari non conosciamo nemmeno.
La storia racconta di una sensualissima ballerina, che sta offrendo una danza incantevole ai prìncipi: la testa riversa, la bocca socchiusa, le braccia tese, il corpo (s)vestito ad arte. Alla fine della danza, madida di sudore e con il respiro affannoso, lascia la sala e va nel giardino. Si siede al bordo di una vasca dove galleggiano rose, e posa la fronte accaldata contro il marmo.
Un giovane l’ha seguita. Innamorato di lei, folgorato dalla sua bravura e dalla sua sensualità, le si avvicina e a bassa voce le chiede se le piaccia la voluttà.
Lei lo guarda, senza capire, e risponde: “Non conosco il significato di questa parola”.
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