Nella sua stanza Anna, 35 anni, indossa un completo elegante: giacca e gonna in tinta. Lontano, oltre la finestra, lo sferragliare di un treno, una sopraelevata, grattaceli, i palazzi del centro, le vie cariche di colori, clacson, una ressa di persone asservite alla fretta.

Un bambino di circa 8 anni, Matteo, sistema  velocemente i propri libri in cartella. E’ emozionato.

    Un uomo, Alessandro, 40 anni, si fissa il nodo alla cravatta e si guarda, un po’ nervoso, allo specchio del bagno. Ogni tanto  sposta lo sguardo dallo specchio alla finestra… e Milano ribolle all’esterno con il suo cemento e il suo caos.

    Anna si applica il rossetto e stira le labbra in un sorriso obbligato di fronte allo specchio. Appena ha terminato il trucco, il suo viso torna serio. Pensa a qualcosa di preoccupante, anche se la sua voce è squillante e serena nel dirsi pronta ad uscire.

 

    Il sipario delle porte dell’ascensore si apre. Ecco la nostra famiglia allestita per il mondo, là fuori.

In strada, i tre si salutano. La mamma prende le chiavi dell’auto dalla borsa, il figlio le dà un bacio e cerca con la mano quella del papà. Alessandro accenna un sorriso alla moglie come a dire stai tranquilla. Una piccola indecisione, poi no, non si danno nessun bacio e se ne vanno con un sorriso non del tutto sereno.

Dall’alto, vediamo Anna andare a sinistra e gli altri due a destra. Il marciapiede rimane vuoto.

 

  Una bella passeggiata verso la scuola. Cartella in spalla, Matteo tempesta di domande e di scherzi il papà che sorride anche se appare come in tensione per qualcosa che potrebbe avvenire. L’uomo è sudato, cammina veloce, a tratti incerto, incollato al figlio per timore che ci si perda. Fa di tutto per controllarsi, per apparire naturale e sciolto agli occhi del bambino, ma la sua agitazione traspare ad ogni passo.

Nel traffico, all’improvviso qualcuno suona insistentemente un clacson a pochi metri dai due. Alessandro si gira di scatto, ferito, per accertarsi che non ce l’abbiano con lui. Non vede nessuno in particolare e il nervosismo e l’agitazione aumentano.

La strada continua il suo friggere normalmente.

  Matteo adesso ha una domanda. Come mai quando l’acqua bolle fa le bolle? Da dove arrivano? Sono forse nascoste nel fondo della pentola? Il papà non può non sapere questa cosa, il papà è un esperto di terra e di acqua, è un geologo. Nessuno in classe sa cosa significhi geologo, e Matteo l’ha dovuto spiegare a tutti.

Alessandro, lieto di doversi concentrare su qualcosa di diverso rispetto alla folla, alla strada, al traffico, che gli provoca tanta angoscia, inizia una spiegazione. Le sue parole escono calme, misurate. Il bambino sorride,
è felice dell’attenzione che il padre gli rivolge.

Poi, il marciapiede finisce.

    Le parole si spengono nella gola del padre: ora bisogna attraversare. C’è una moto che si infila tra due auto e fa un paio di metri di troppo. Un fischio del vigile, un semaforo che scatta. Frenata, clacson… Alessandro cede al panico. Tutto gira e sembra volergli finire addosso. Le auto, le persone, il risucchio dell’ignoto, il vortice dell’infinito, buio, vuoto, morte. Le coordinate si spengono, il rapporto con la realtà sfuma e lui ritorna ad essere singolo individuo in 
mezzo al nulla. Solo. Non sa più dov’è. In quel fondo di paura e desolazione la voce di Matteo risuona sottile, troppo sottile, e il suo visino appare al di là della strada: “Papà… attraversa papà… dai….”

(continua) 

0 risposte

  1. Ho letto le 3 puntate di “La terra che non gira”
    Il primo commento é stupido : riusciresti ad impaginarle in modo che la prima puntata appaia sul monitor prima della seconda e la seconda prima della terza ? NOn è poi olto difficile, basta invertire l’ordine di presentazione – come si faa volte con i lunghi scambi epistolari di mail.
    Altrimenti un imbranato come me, prima si legge la terza e solo dopo scopre ecc.ecc.

    Sì, ho capito :c’era scritto >>3

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