Un camion! Scappa Alessandro, scappa! Ora l’uomo può solo agire. L’istinto lo salverà. Una corsa folle senza guardare, paura, panico, ansia. Casa. La sicurezza è a casa: unico punto di riferimento.

    Matteo è in mezzo alla gente che ha attraversato insieme a lui. Ma dall’altra parte, quando riesce a vederci di nuovo, non c’è più nessuno. Il bambino si guarda intorno. “Papà….”

Lontano, il rumore di una frenata brusca con scontro finale. Ma Matteo sembra non sentirla nemmeno. C’è troppo stupore e confusione nella sua giovane mente.

    Anna arriva allo studio del dentista per cui lavora. Ferma l’auto e rimane a guardare il bel palazzo centrale in cui dovrà entrare. Un piccolo controllo nello specchietto: tutto a posto. Scende dalla vettura, chiude e attraversa con molta calma una strada ordinata con le macchine ferme sulla linea d’arresto al semaforo.

    Lo studio in cui lavora la donna è asettico, candido. Come il camice che ora indossa sopra il suo completo elegante. O il sorriso che deve mantenere per rassicurare il paziente, seduto di fronte al dentista. O gli strumenti che porge al dottore quando richiesto. Il dentista è delicato, sicuro. Ha una voce gentile, un’espressione rassicurante. E la donna, a volte, scivola su quelle note come i pazienti, anche lei in cerca di conforto.

    L’ambulanza corre. Alessandro ha il respiratore. E’ privo di coscienza. I paramedici gli cercano i documenti, ma non ne trovano. Possono essere finiti per terra nel volo che ha fatto, pare corresse in mezzo alla strada. Gli controllano il battito cardiaco.

    Matteo cammina… lentamente, con lo sguardo sbalordito dalla paura, ma senza recedere, senza piangere. Cammina verso casa. Arriva al portone, sale, suona. “Papà…”. Ma il papà non è in casa.

    Prima di ricevere un nuovo paziente si apre un dialogo intimo tra Anna e il suo capo. Sono parole cariche di fiducia e di paura. Lui è comprensivo, lei ha bisogno della sua comprensione. Anna racconta ciò che il dentista già conosce per altri momenti come quello, ancorati a frasi irrisolte tra le pareti dello studio. Lui ascolta sempre quella voce morbida che gli è entrata nel cuore. Lei parla delle notti passate accanto a un uomo di cui non conosce più il respiro o la voce. Di un uomo smarrito in sé, di una malattia senza causa, di un’anima a brandelli. Un uomo incapace di esistere, vittima di una stanchezza che toglie il fiato, che spezza le gambe, privo dello spirito necessario per stare tra la gente. Una malattia dall’esordio banale: la perdita di un padre, il distacco da un amico, un insuccesso sul lavoro: tutto potrebbe innescarla. Tutto e niente.

    Il dentista solleva un braccio, accarezza il volto della sua assistente, le asciuga le guance. Depressione. Se ne parla spesso ma viverla è un’altra storia. Il dottore invita a pranzo Anna. Lei non può dire di no.

    Alessandro prosegue la sua strada, ora è in una corsia d’ospedale, una barella che corre… Le porte si aprono, la lampada lo investe in tutta la sua violenza, ma i suoi occhi sono comunque chiusi.

    Matteo ha ripreso a camminare. Una strada interminabile. Che fa lentamente, mani in tasca, zaino lasciato davanti alla porta. Milano cambia nel passare dei minuti, l’ora di punta scema e le strade respirano un po’ di più. Ci avviamo al mezzogiorno.

    Anna siede ad un tavolino all’aperto. Di fronte a lei ora c’è un uomo elegante, di bell’aspetto che, senza il camice, quasi non pare nemmeno più il dottore di poco prima. Il bar è affollato, il servizio ai tavoli veloce. Adesso i due parlano del bambino, la donna spiega quanto sia stato facile l’inserimento alla scuola materna, quanto sia intelligente. Con un velo di preoccupazione la donna confessa quanta paura abbia che la depressione del padre incida sullo sviluppo psichico del bambino. Forse non avrebbe dovuto insistere affinché fosse lui a portarlo a scuola, non avrebbe dovuto prendere alla lettera lo psicologo… L’uomo frena le paure della donna posandole una mano sul braccio e accarezzandola piano. Le confessa di ammirare la sua forza. La invita a non pentirsi delle proprie scelte, anzi, dovrebbe sentirsi libera di fare, per una volta almeno, ciò che desidera veramente. Magari lasciandosi un po’ andare. Ci sono pesi che umanamente non si possono sostenere. La donna si incanta su queste ultime parole. L’invito è chiaro.

(Continua) 

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