“L’attacco devastante e demolitore che la comunicazione porta alla tradizione avviene attraverso una strategia di incorporazione onnicomprensiva che mira ad annullare perfino la percezione di un conflitto. Sbaglia chi vede nella comunicazione una scelta consapevole  dell’effimero, del provvisorio, del momentaneo, perché essa pretende anche di essere durevole, costante e perfino immortale. L’organizzatore del seminario sulle nuove tecnologie si autocelebra in un lussuoso libro le cui copie sono numerate e fuori commercio. Il capo di partito che si smentisce continuamente si attribuisce un ruolo storico provvidenziale. La galleria del tycoon dell’arte contemporanea si presenta come un’esposizione permanente.

       Perciò i fautori della tradizione, che si appellano ai valori, alla classicità, al canone, vengono spiazzati da questi funamboli, da questi giocolieri, da questi acrobati che vogliono anche farsi eternare nel bronzo e nel marmo. E chi dice che non ci riescano ? C’è sempre una caterva di ingenui pronti a scrivere la storia dell’ultima idiozia, a solennizzare le stupidaggini, a trovare significati reconditi nelle bazzecole, a fare entrare nell’insegnamento di ogni ordine e grado anche le sciocchezze, pensando di fare un’opera democratica e progressista, di andare incontro ai giovani e alla gente, di realizzare l’incontro tra la scuola e la vita.

        La comunicazione perciò sembra mettere fuori gioco i valori non opponendosi a essi, ma appropriandosene. Se si vuole combattere efficacemente la comunicazione su questo piano, bisogna lasciare da parte la metafisica e l’etica: il fondamentalismo religioso e filosofico appartengono ancora all’età ideologica e sensologica, in cui ci si riconosce in una sola “verità”. I predicatori e i profeti, in buona o in cattiva fede, devono ancora mantenere una certa coerenza di discorso, della quale i comunicatori fanno a meno.

       Infatti i comunicatori possono, per così dire, in ogni momento rubare la parte ai radicali e agli intransigenti, trasformarsi in un baleno da colombe in falchi per diventare successivamente qualcosa di intermedio e tingere tutto del colore “can che scappa”. (…)

       L’essenziale non è restaurare i vecchi valori (impresa comunque molto laboriosa), quanto sbarrare la strada ai fautori della società cognitiva,  rifiutando ogni discorso sulle grandezze e sui valori e prospettando l’universo della comunicazione, cioè un mondo senza giudizi e senza prove legittime, nel quale i forti, dotati di poteri non specificati (e spesso non specificabili perché illegali), hanno subito la meglio sugli altri.”

        Non conoscevo Mario Perniola. Questo suo testo è una vera e propria avventura del pensiero: emozionante, necessaria, acutissima.  Spesso inquietante ma sempre molto aderente alla realtà di cui siamo tutti testimoni. Se vi capita, lasciatevi portare dalle sue parole. E’ davvero un testo stupendo.

0 risposte

  1. Dovrei leggere tutto il libro, prima, però come ‘aperitivo’ non è niente male. Aggiungerei una parola, alla ‘comunicazione’: il benessere. Con questo, l’uomo tende decisamente allo zero.
    ciao
    gigi

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