“Susanna guarda immobile la fuga alberata del viale. Si è rimessa le mani in tasca. Il rosso dei capelli, sciolti sulle spalle del giaccone, è una macchia d’autunno. – Che c’è ?

Sta ferma ancora un attimo, poi riprende a camminare. – Sai, è curioso che tu mi abbia detto questa cosa del romanzo proprio qui.

– Perché ?

– Beh, perché proprio su questo marciapiede io ho visto sparire Andrea Ragnini, – mi dice, sorridendo tra sé. La guardo aspettando che continui. Intanto incrociamo alcune tizie in tailleur che escono dal seggio, ancora comprese nel gesto, l’aria soddisfatta, la carta d’identità in mano. Le bandiere della scuola tremolano quasi fosforescenti a meno di cento metri.

– Era l’ultimo giorno della quinta. Io e Andrea Ragnini siamo stati compagni di banco per tutte le elementari, – dice Susanna – cinque anni insieme. Era un bellissimo bambino biondo, eravamo molto affezionati. Ci difendevamo a vicenda, sai quelle cose da piccoli ? Ecco, insomma, io fino a quel giorno non avevo immaginato la mia vita senza Andrea Ragnini. E invece quando siamo usciti, a mezzogiorno, e ci siamo messi a correre in mezzo al casino delle mamme e degli altri bambini verso le macchine dei nostri genitori, Andrea Ragnini mi ha detto: ‘Il prossimo anno cambio casa, andrò a scuola da un’altra parte, ciaoo’.

    E’ successo proprio qui. Me l’ha detto come la cosa più naturale di questo mondo. E anch’io, quando l’ho sentita, mentre correvamo uno accanto all’altro, l’ho trovata naturale. Chissà cosa nascondeva quella naturalezza. Voglio dire, avevamo dieci anni, non sapevamo come ci si saluta quando non ci si vede più per il resto della vita. Ricordo che mi ha distanziato e che mi ha fatto ciao con la mano ancora una volta, poi basta. Ricordo la cartella che oscilla sulle sue spalle e la testa bionda di Andrea Ragnini farsi sempre più piccola, fino a scomparire tra le macchine.

-Che modo perfetto di sparire, – dico.

– Forse anche il tuo romanzo se n’è andato così, – dice Susanna e mi riprende la mano.

– Sì, forse sì, – dico io.

Poi entriamo a votare.”

 

    Questo  è il finale dell’ultimo romanzo di Mauro Covacich. Lo trascrivo serenamente perché non vi è alcun finale da svelare che possa rovinare il libro. Lasciamolo depositare, come sempre, qualche giorno dentro di noi, ascoltando le parole…

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