Jean Claude vuole lavorare sul finale di una storia. Sul miglioramento della nostra capacità di chiudere le storie. Troppi finali deboli, indecisi, non chiari nelle storie che vede in giro.
Siamo a Montalcino, è giugno e ho 24 anni.
La sala è ampia, con finestre piene di luce. Jean Claude ci chiede di disporre le sedie in cerchio.
Siamo tutti diplomati da poco in diverse scuole di teatro.
Chi ha una bella storia da raccontare con un finale che non gli piace?
Diversi fra noi raccontano qualche storiella. A un certo punto Lino prende la parola.
È un mito indiano. Racconta la storia di un uomo che non vuole morire.
Per realizzare il suo sogno si reca da un vecchio saggio.
Il saggio gli dice: “La vedi quella montagna davanti a casa tua? Spostane un cucchiaio al giorno. Finché non l’avrai spostata tutta, tu non morirai.”
L’uomo se ne va tutto contento e vive così numerosissimi anni.
Ma un giorno si accorge che la montagna sta per finire e si reca di nuovo dal saggio.
“Lo vedi quel lago davanti a casa tua? Bevine un cucchiaio al giorno e finché non l’avrai finito non morirai.”
L’uomo torna a casa contento e vive così per molti anni.
Ma un giorno si accorge che anche l’acqua del lago sta per finire.
E torna dal saggio.
“Sei ancora qui? Senti, fai una cosa. Sali sul tuo cavallo. Fai il giro del mondo. Ma stai attento. Non devi scendere mai.
Se riesci a fare tutto il giro del mondo senza scendere da cavallo, sarai immortale.”
L’uomo torna a casa contento, nutre bene il cavallo, carica quello che gli serve e parte.
E fa tutto il giro del mondo. Quando sta per arrivare a casa, su una larga via, vede un uomo anziano sul bordo, che fa segno di aiutarlo ad attraversare. L’anziano si trascina dietro un enorme cumulo di scarpe vecchie.
Il nostro eroe si commuove, scende dal cavallo per aiutarlo, ritenendosi ormai virtualmente arrivato a casa.
Ma appena scende si sente male e agonizza.
Il vecchio gli sorride: Ah ecco, mi stavo preoccupando. Io sono la morte. Dammi le tue scarpe.
Jean Claude ha un sussulto. Ah no! Non può essere così stupido! No no no no. Aspetta un attimo.
Si alza e va in mezzo al nostro cerchio di sedie. Mette la mano destra avanti a sé come a tenere una briglia.
Aspetta, sono a cavallo e sto finendo il giro del mondo.
Tra poco sarò immortale.
Devo solo superare…. ah ecco sì ragazzi, questa è la prima cosa che non funziona: non può essere una larga via. Deve essere una via stretta… dove non si può passare in due… anzi no: un ponte! Un ponte strettissimo. Noi siamo occidentali, abbiamo bisogno di un conflitto finale. Allora sono qua, trotto tutto felice… e davanti a me… chi è quel vecchio sdraiato con tutte quelle scarpe rotte appresso?
– Ehi tu, vecchio
– Dici a me?
– Sì bravo dico a te. Spostati.
– Ah ma vedi veramente io…
– No no no guarda, non vedo niente. So benissimo chi sei. Tu sei la morte e quelle sono le scarpe di tutti i morti e se scendo da cavallo ti prendi pure me.
Jean Claude fa una pausa e ci guarda: Capite ragazzi? Dovete alzare l’intelligenza del conflitto. Alzate l’intelligenza dei personaggi se no la battaglia non vale niente!
– Io…? ah ah… ma cosa dici… tu invece…. chi sei? Massì!! Tu sei il Cavaliere di Montalcino!!!
– Esatto, bravo, perciò levati.
– L’immortale!
– Ecco appunto, devo arrivare sull’altra sponda per questo.
– Ehi gente!! Gente!!! Venite!! C’è il Cavaliere Immortale qui!! Il Cavaliere che ha vinto la morte!!
Il ponte si riempie della gente che accorre, il Cavaliere inizia a sudare e vede il ponte ostruirsi.
– Ehi, levatevi tutti! Devo passare! Devo arrivare di là!!
– Ma perché? Scendi a festeggiare con noi! Tu sei già immortale!
– No, devo arrivare a Montalcino.
– Ma è là Montalcino, dietro di te! L’hai già passato!
Jean Claude si volta dietro di sé sobbalzando.
– Oh mamma… è vero…. è vero!!! È tutto vero, sono immortale!!!
Allora scende da cavallo e comincia a stare male.
Jean Claude porta le mani al petto.
Poi di colpo invecchia, guarda in tralice:
– Io sono la morte, è vero. Ma quella montagna non l’ho spostata io.
Il cerchio rimane un attimo in silenzio. Siamo storditi. Qualcuno gli chiede come abbia fatto, come gli sia stato possibile in così poco tempo.
– Dovete imparare a rubare. Ho pensato al Giro del Mondo in 80 giorni e ho sostituito il tempo con lo spazio.
Nei giorni successivi tocca a noi e ognuno propone un finale diverso, che lui commenta. Quando tocca a me gli sono seduto di fianco nel cerchio. Mi ascolta e dice: Là on voit un effort de cohérence e mi dà un buffetto sulla gamba destra. Me lo sarei ricordato per sempre.
Negli anni avrei pensato al fatto che quando il Cavaliere parte da Montalcino la montagna era già spostata, quindi così il finale non regge. E avrei anche considerato che il mito indiano forse parlava del fatto che se non riesci a dimenticarti mai di te stesso e se sei in grado di non scendere mai da cavallo in tutto il mondo perché ti innamori di qualcosa, non puoi morire perché non hai mai vissuto. Il Cavaliere non viene fregato: viene promosso a morire. Finalmente ha vissuto.
Sì. Tutto vero. E se devo scegliere di salvare una storia, scelgo quella indiana.
Ma nella mia vita non avrei assistito mai più a una dimostrazione così abbagliante di talento. Eravamo sbigottiti dal suo finale e dalla naturalezza con cui tutto era avvenuto davanti ai nostri occhi.
Come fare ora a finire questo pezzo? Come misurarsi con il finale, a questo punto?
Lo lascio a lui.
È l’ultimo giorno, siamo alla fine del nostro tempo insieme.
Jean Claude ci fa alzare in piedi, sempre in cerchio. E ci chiede di prenderci tutti per mano.
Dice poche parole, a mezza voce, assorto. Di gratitudine per il lavoro che abbiamo fatto insieme.
Poi fa una pausa e chiude:
Ce groupe là, ne se réunira jamais.