Caro Cesare, cara Stefania… 

grazie anche di questa vittoria. Il “Festival dei festival”, come viene chiamato: Maremetraggio 2007, dove confluiscono i vincenti dei festival nazionali e internazionali. Avete vinto anche questo con la vostra storia. E credo che sia, nel rispetto dei normali tempi di fruizione di un cortometraggio, il nostro passo d’addio ai festival, alle competizioni, ai premi. Forse adesso, dopo questi due anni travolgenti, inarrestabili, la vostra storia torna ad essere per noi la storia di quella sera, in inverno, nella quale sono entrato per la prima volta a casa vostra.

    Lì avevo vinto davvero. Perché alla fine di tutto sono convinto che vincere sia fondamentalmente questo: incontrare. Non vi conoscevo e non immaginavo nemmeno un dolore così. Una vita come la vostra.  Non si può immaginare. E dopo due anni che vi frequento, seppure saltuariamente, continuo a non capire niente di voi. Vi guardo da fuori, piccolo piccolo. E sto zitto. La vanità allegra che è passata in questi due anni, la serata troppo emozionante dei David, la mattinata densa e sincera dei Nastri d’argento, la sfilza delle motivazioni dei premi…. alla fine ci siamo qui noi. Quelli di prima. E io continuo a guardarvi con la stessa impotenza con la quale ho cercato di girare questo film.

    Non riesco a non pensare al vostro matrimonio. Voglio dire, a quel momento. Quando uno pronuncia delle parole che non può capire: “nella salute e nella malattia….” per non parlare della buona e della cattiva sorte perché ci ammazziamo dalle risate. Che cosa si dice in quel momento ? Si parla una lingua ignota, la cui decrittazione giace nel futuro, come la verità di Marx che Cesare ama tanto. Lo dici, ma solo poi capirai cosa significherà per te. Sento che io stesso non ho capito molto di quello che ho scelto nella mia vita. Forse ho coltivato l’illusione onnipotente e adolescenziale di aver scelto io e invece… forse è stato tutto un dono, che stento a capire. Sento che il silenzio e l’ascolto sono gli unici atteggiamenti possibili. Esiste la SLA, esiste Cesare ed è esistito Welby. Ecco voi due siete proprio la dimostrazione che non ci sono risposte, ma solo la risposta di ognuno di noi, profonda, ferita e sincera.

    Vi ringrazio per tutto quello che ci è capitato, che avete reso possibile. Ma soprattutto per avermi incontrato, per aver aperto la porta a un estraneo. I riflettori si spengono e finalmente rieccoci. A due fermate di circonvallazione. Come quella sera. Voi con la vostra vita quotidiana, io con il mio quotidiano non capire. Sto in silenzio e vi tengo nel cuore. Dopo due anni così pazzeschi, ho solo questo da dirvi. Grazie.
 

  

0 risposte

  1. Caro Giovanni,

    quando pensammo di chiedere a te un aiuto per raccontare di Cesare e Stefania, di due vite e di una storia così simili e vicine alle nostre eppure così lontane e diverse, non immaginavamo dove questa strada ci avrebbe portato. Non c’erano progetti da raccontare, film immaginati o linguaggi condivisi nella nostra testa: solo quella vena di sana incoscienza e di follia che ti fa credere possibile tutto, anche i miracoli (e il film, i festival, il Davide, i riconoscimenti in giro per il mondo lo sono stati davvero, una specie di miracolo).
    Quella che conoscevamo con certezza era la tua capacità di uomo di entrare in punta di piedi in un mondo di sofferenza, di vita, di coraggio mai domo, di dignità inviolata, e la tua capacità di artista di accendere su quel coraggio e su quella dignità una luce bellissima, poetica a vera allo stesso momento.
    Ecco: credo sia un po’ questo il filo conduttore del essere e del tuo fare. Vedere e mostrare dignità laddove altri faticano a trovarne, e capire e raccontare il coraggio di chi si ostina a non arrendersi, nonostante tutto. Senza artifici, e senza altra poesia che non sia quella che ogni storia, ogni persona o cosa ha dentro.
    E’ per questo che voglio ringraziarti, come forse non ho mai fatto finora: per la lezione umana prima ancora che da artista che hai saputo dare senza essere diverso da come sei, sul set di un film o nella vita di tutti giorni.
    Continua così.

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