In “Ferie d’agosto” di Virzì, a un certo punto un personaggio prende in giro il suo antagonista così: “Tu qual è l’ultimo libro che hai letto: le istruzioni del tuo cellulare ?” Mi viene in mente alla fine della lettura di Cinema e Dintorni perché  in realtà siamo pieni di manuali su come si dovrebbero fare degli splendidi film. Manuali di istruzioni. Siamo pieni di testi rigurgitanti know how. Da questo punto di vista, se è questo cioè che andiamo cercando, il libro di Mario Gallo è una cocente delusione.

    Non ci sono ricette in queste pagine. Non ci sono regole. Soprattutto, non c’è know how. C’è sua madre però: la conoscenza, quella vera, del mondo, del sistema, dei modi e dei tempi del cinema. Per una volta c’è uno che non ti spiega necessariamente come fare, ma ti solleva delle domande sul perché fare. Direi ancora di più…. sul se fare. Truffaut forse direbbe che questo è un libro sulla vita del cinema e sul cinema della vita.  E questo gli dà una rotondità e una capacità di rapida presa su chi legge, perché si sente che Mario Gallo dice quel che ha visto e vede ciò che si fa oggi con una chiarezza disarmante.

    Credo che si possa anche avere qualche riserva su alcune delle posizioni che assume: in questo stesso sito, qualche giorno fa, ho citato proprio una sua considerazione sulla felicità che mi ha molto colpito ma che penso possa anche non essere condivisa. Questa è una ricchezza che stiamo perdendo: la capacità di affermare e sostenere chiaramente la nostra idea della vita e del mondo. Sommerso da esigenze di vendita – bisogna andar bene a tutti o quasi – e da problemi di audience, il nostro tempo sta dimenticando che non esiste dialogo se non c’è diversità, non esiste confronto se non c’è chiarezza nell’assunzione delle proprie posizioni. La capacità tecnica sta mettendo tutti d’accordo sui modi e sta rendendo tutti uguali nell’oblio dei motivi.

    Questo accordo tacito e per molti versi inconsapevole, questo know how parificante e tranquillizzante,  ha come tessuto comune una lingua prevalentemente estetica. Mario Gallo al contrario è fortemente etico. Dal racconto della scena riprodotta in copertina, quella delle donne con l’ombrellino bianco in riva al mare in “Morte a Venezia”, si evince come un elemento apparentemente decorativo (l’ombrellino scuro) nasca invece da un’inquietudine più drammatica e profonda di cui Visconti non riusciva a venire a capo. I segni sono sempre segni di qualcosa. Il linguaggio è un ponte verso i contenuti, e non la meta del discorso: se non abbiamo le idee chiare sulle radici, è inutile lisciare le foglie.

    Come si vede, Cinema e Dintorni coinvolge la persona in quanto tale e non solo come professionista o appassionata di cinema. E’ un peccato che questo testo sia così difficile da trovare e per questa ragione qui di seguito metto il link dal quale si possono ricavare informazioni precise.

www.cinemaedintorni.com

 

 

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